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Nuovo raid israeliano: colpiti due ristoranti affollati a Gaza City


ROMA – Dall’alba di oggi le forze militari di Israele hanno ucciso 61 persone attraverso la Striscia di Gaza, con raid anche in zono affollate di Gaza City. Lo riportano fonti di stampa internazionale. L’emittente Al Jazeera sostiene che due degli attacchi sono stati effettuati con “droni per il riconoscimento facciale” e che hanno raggiunto due ristoranti, il ‘Tahi’ e il ‘Palmyra’ in via al-Wehda. Secondo l’emittente, i missili, “esplosi a 100 metri di distanza” l’uno dall’altro, hanno ucciso almeno 17 persone. La zona era affollata perché, come riferisce il cronista palestinese dell’emittente qatarina, erano uno dei pochi posti in cui era ancora possibile trovare cibo.

Prosegue infatti da oltre due mesi il divieto di Israele all’ingresso di qualsiasi fornitura a Gaza, compresi cibo e acqua, scattato lo scorso 2 marzo. Lunedì, il gabinetto di guerra ha approvato all’unanimità il Piano per la conquista di Gaza e un nuovo meccanismo per la distribuzione degli aiuti. Le Nazioni Unite hanno bocciato entrambi: “Gaza è, e deve rimanere, parte integrante di un futuro Stato palestinese”, ha detto il vice portavoce delle Nazioni Unite Farhan Haq, mentre Jens Laerke, portavoce dell’Ufficio per il coordinamento degli aiuti umanitari (Ocha) ha definito il nuovo meccanismo di Israele “Un modo per strumentalizzare gli aiuti umanitari”, convinto che l’obiettivo di Tel Aviv è quello di “chiudere l’attuale sistema di aiuti gestito da 15 agenzie Onu e 200 Ong e partner”. Il responsabile ha denunciato che, per la catastrofica mancanza di cibo, “saccheggi e furti sono diventati una realtà quotidiana”.

Ieri, senza intervenire sulla questione del Piano di conquista, l’Alta rappresentante per la politica estera europea Kaja Kallas ha fatto sapere di aver telefonato al ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar per dirgli che “la situazione umanitaria a Gaza è insostenibile. Gli aiuti umanitari devono riprendere immediatamente e non devono mai essere politicizzati. Il nuovo meccanismo di distribuzione degli aiuti dovrebbe passare attraverso gli attori umanitari”, come si legge in un post su X.

Ancora ieri, inoltre, le 55 organizzazioni umanitarie che operano in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, in una nota congiunta hanno chiesto “un’azione urgente da parte della comunità internazionale contro le nuove regole israeliane di registrazione per le Ong internazionali. Basate su criteri vaghi, ampi, politicizzati e aperti, queste norme sembrano concepite per esercitare controllo sulle operazioni indipendenti umanitarie, di sviluppo e di costruzione della pace, mettere a tacere le attività di advocacy basate sul diritto internazionale umanitario e sui diritti umani e consolidare ulteriormente il controllo israeliano e l’annessione di fatto del Territori Palestinesi Occupati”.

I 55 organismi avvertono che “per oltre un anno e mezzo, le organizzazioni umanitarie hanno continuato a operare nonostante limiti senza precedenti. Nel 2024 hanno raggiunto milioni di persone nel Territorio Palestinese Occupato con servizi essenziali, come cibo e acqua, cliniche mobili, assistenza legale e istruzione. Le nuove regole di registrazione minacciano di fermare queste attività. Queste misure vanno oltre le politiche usuali. Rappresentano una grave escalation nelle restrizioni allo spazio umanitario e civico e rischiano di creare un precedente pericoloso”.
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