ROMA – Sono proseguiti per tutta la notte scambi d’artigliera tra l’esercito pakistano e quello indiano, in conseguenza all’attacco che l’India ha condotto nella notte tra martedì e mercoledì scorsi su diverse località nelle regioni del Kashmir e del Punjab, in Pakistan. Lo riferiscono fonti ufficiali di Islambad, che ieri – dopo un meeting di emergenza sulla sicurezza – ha dato il via libera alle Forze armate a rispondere agli attacchi. Almeno un civile è rimasto ucciso e quattro soldati feriti, come riferiscono fonti militari del Pakistan, che si aggiungono ai 31 morti della giornata di ieri. L’esercito fa sapere di aver anche abbattuto una dozzina di droni armati in nove località diverse, comprese le città di Karachi – la seconda città del paese, con 20 milioni di abitanti – e Lahore, il capoluogo del Punjab, che di abitanti ne conta 14 milioni. Qui, ieri, l’amministrazione locale ha proclamato lo stato d’emergenza sanitario, stabilendo che la metà dei posti letto di tutti gli ospedali siano riservati all’arrivo di eventuali feriti. Abbattuti anche cinque caccia indiani al confine tra i due Stati.
“Vendicheremo il sangue dei nostri martiri”, ha assicurato il primo ministro Shehbaz Sharif, facendo crescere i timori di un conflitto generalizzato tra le due potenze nucleari. Vittime si stanno registrando anche sul lato indiano del Kashmir: almeno 13. L’Operazione Sindoor sferrata ieri dall’India è stata motivata come un’azione “mirata contro nove basi dei terroristi”, ritenuti da New Delhi responsabili dell’attentato del 22 aprile a Pahalgam – nella regione del Kashmir amministrata dall’India – in cui un commando di uomini armati ha ucciso a sangue freddo 26 turisti. Il ministro della Difesa indiano Rajnath Singh ha reclamato “il diritto dell’India di rispondere”.Stamani, poco prima dell’apertura di una sessione dell’Assemblea nazionale pakistana per affrontare il tema dell’escalation militare, le autorità hanno ribadito che “il tentativo dell’India di collegare l’attacco a Pahalgam al Pakistan è privo di fondamento”. A livello internazionale, si è mobilitata l’Arabia Saudita: il ministro di Stato per gli Affari esteri Adel al-Jubeir si è recato a New Delhi per incontrare l’omologo indiano Subrahmanyam Jaishankar, il quale in un post sui social di stamani ha definito il colloquio “positivo” e un’occasione per “condividere le prospettive dell’India sulla sua strenua lotta al terrorismo”.
Stamani Subrahmanyam riceverà anche il ministro degli Esteri dell’Iran, Abbas Araghchi, il quale poco prima si era già recato in Pakistan, dichiarando: “Speriamo di prevenire l’escalation. La nostra regione ha bisogno di spazio, soprattutto per espandere la cooperazione economica”, un elemento in cui Teheran “confida molto”. I media internazionali evidenziano che l’Iran starebbe cercando di proporsi come mediare tra i due Paesi, e che Araghchi potrebbe portare un messaggio dal governo pakistano a quello indiano. Le tensioni tra India e Pakistan per il Kashmir conteso risalgono all’indipendenza dei due Stati dal dominio coloniale della Gran Bretagna nel 1947, a cui sono seguite tre guerre e numerosi attacchi da parte di gruppi armati di ispirazione secessionista.
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