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La macchia (cancellata) dei due scandali sessuali sfiorati da Prevost


ROMA – C’è una macchia nel curriculum di Robert Prevost, che non ne ha impedito la candidatura e poi la successiva elezione a Papa. Tirata fuori ad aprile, appena defunto Papa Francesco, da un’organizzazione americana che rappresenta le vittime di abusi sessuali da parte di membri della Chiesa Cattolica: Survivors Network of those Abused by Priests. La SNAP aveva chiesto al Vaticano di indagare su come Prevost aveva gestito due scandali sessuali.

Le segnalazioni di abusi riguardano il suo episcopato in Perù e una decisione presa nel 2000, quando era superiore degli Agostiniani a Chicago.Nel primo caso, tre religiose sostengono di essere state abusate quando erano bambine da due sacerdoti, Eleuterio Vásquez Gonzáles e Ricardo Yesquen, e di aver denunciato tutto nel 2022 nella diocesi di Chiclayo, senza che sia poi stata avviata un’indagine canonica formale. Secondo la diocesi invece Prevost avrebbe ascoltato la denuncia delle tre sorelle, incoraggiandole ad informare anche le autorità civili peruviane. E avrebbe poi aperto un’indagine ecclesiastica i cui risultati sarebbero poi stati trasferiti al dicastero per la Dottrina della fede. L’indagine civile è stata archiviata per mancanza di prove.Il secondo episodio ha che fare invece con l’autorizzazione, nel 2000, alla residenza in una canonica agostiniana di un sacerdote accusato di abusi su minori. La struttura era situata nei pressi di una scuola cattolica. La decisione, presa sotto la supervisione di Prevost, è stata successivamente criticata dalle autorità ecclesiastiche locali per l’inadeguatezza del contesto.Prevost non ha mai voluto commentare. Le difese ufficiali rimandano alle prassi seguite e ai limiti giuridici esistenti. Ciononostante, la questione ha riacceso il dibattito sull’importanza dell’integrità percepita del nuovo Pontefice, soprattutto alla luce delle difficoltà della Chiesa nel gestire con trasparenza e rigore gli scandali legati agli abusi.Alcuni cardinali fanno notare che pochi prelati di lungo corso possono oggi presentarsi esenti da critiche in questo ambito. Altri temono che la divulgazione di certe accuse rifletta più una strategia di delegittimazione interna che una reale preoccupazione etica.
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