ROMA – Le malattie autoimmuni colpiscono circa 800 milioni di persone a livello globale, una su dieci. Sclerosi multipla, lupus, diabete di tipo 1, artrite reumatoide, fino alla celiachia. Il denominatore comune è l’attacco del sistema immunitario contro i tessuti dell’organismo stesso. I trattamenti attualmente disponibili si basano su una soppressione generalizzata della risposta immunitaria, con l’effetto collaterale di aumentare la suscettibilità a infezioni e di richiedere una somministrazione continua e invasiva. E invece ora c’è aria di rivoluzione, nella ricerca. La possibile soluzione si chiama “vaccino inverso”.E’ un cambio di paradigma. Questi vaccini, anziché stimolare il sistema immunitario, lo rieducano a tollerare determinati antigeni associati alla malattia. Il principio si basa sull’uso di nanoparticelle sintetiche coniugate a tali antigeni, che imitano il comportamento di cellule apoptotiche. Il sistema immunitario riconosce queste particelle come non minacciose e interrompe la risposta autoaggressiva.Nel 2022, un gruppo di ricerca guidato dall’immunologo Stephen Miller (Northwestern University) ha pubblicato su Gastroenterology i risultati di uno studio clinico su pazienti celiaci. Su 33 partecipanti in remissione, metà ha ricevuto il vaccino inverso prima dell’esposizione al glutine, l’altra metà un placebo. I risultati hanno mostrato una protezione istologica e sintomatologica nel gruppo trattato, in contrasto con un peggioramento nel gruppo di controllo.Un ulteriore contributo proviene dal bioingegnere Jeffrey Hubbell (Università di Chicago), che nel 2023 ha dimostrato l’efficacia del vaccino inverso in modelli murini di sclerosi multipla. La sua azienda Anokion ha avviato i primi studi clinici su esseri umani, sia per la celiachia che per la sclerosi multipla, con esiti preliminari positivi.Il meccanismo, scoperto inizialmente in modo accidentale, si basa su molecole a carica negativa capaci di indurre tolleranza immunologica. L’immunologo Pere Santamaria (Università di Calgary), tra i primi a studiare il fenomeno, ha esteso l’applicazione a malattie rare come la colangite biliare primitiva, per le quali è possibile ottenere autorizzazioni più rapide grazie alla numerosità ridotta dei pazienti. Tuttavia, la complessità del sistema immunitario, che include cellule circolanti e residenti nei tessuti, rende ancora incerta la loro capacità di agire su entrambe le popolazioni cellulari.Secondo le stime più ottimistiche, i primi vaccini inversi potrebbero raggiungere il mercato entro tre-cinque anni. Altri esperti, come Bana Jabri (Institut Imagine, Parigi), suggeriscono tempistiche più lunghe, fino a un decennio.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it