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Il Pkk: “Missione compiuta, ci sciogliamo”, fine della resistenza armata in Turchia


ROMA – Il Partito dei lavoratori curdo (Pkk), ritenuto da Ankara un movimento terrorista, ha annunciato il proprio scioglimento e l’intenzione di abbandonare le armi. La notizia, che potrebbe segnare un punto di svolta nella società turca, segue il sì al disarmo pronunciato a febbraio dal leader del movimento, Abdulla Ochalan, che dal 1999 sconta una condanna all’ergastolo sull’isola-prigione di Imrali, tenuta aperta appositamente per lui.

LA RISPOSTA ALL’APPELLO PER IL DISARMO DI OCALAN

Dal capo del movimento di liberazione curdo sono giunte parole di pace che invitavano al dialogo e alla riconciliazione nazionale, dopo decenni di tensioni con il governo centrale, accusato di discriminare, opprimere e perseguitare la minoranza curda. Dopo anni di militanza armata iniziata negli anni ’80, Ankara ha reagito con raid diretti nelle regioni curde che hanno coinvolto, a partire dal 2015, anche i curdi della vicina Siria, rendendo impossibile ogni tentativo di negoziato col Pkk.

A febbraio, uno storico congresso dei partiti curdi di Siria, Iraq e Turchia ha spinto Ocalan al suo storico annuncio. Stamani, l’agenzia Firat News Agency ha quindi comunicato lo scioglimento del movimento, il quale sostiene di aver “completato la sua storica missione” come stabilito dal “XII congresso del Pkk, che ha deciso di dissolvere l’organizzazione e la resistenza armata”.Il governo di Ankara non si è ufficialmente espresso, ma un portavoce dell’Ufficio del presidente Recep Tayyip Erdogan all’agenzia Reuters ha assicurato che l’esecutivo “monitorerà da vicino” il rispetto di questo annuncio.

L’INFLUENZA DELLE VICENDE SIRIANE

Secondo gli analisti, il passo indietro del movimento curdo potrebbe aver risentito del cambio di governo nella vicina Siria, dove sono in corso trattative tra il governo del premier Ahmed Al-Sharaa, sostenuto politicamente dalla Turchia, e l’Amministrazione autonoma del Rojava; internamente, potrebbe essere un tentativo per aprire il dialogo con il partito di Erdogan, Giustizia e sviluppo, anche in vista delle elezioni presidenziali del 2028, a cui l’attuale capo dello Stato non può candidarsi, salvo modifiche della Costituzione.Solo a marzo, le autorità turche arrestavano il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, ritenuto il principale candidato presidenziale all’opposizione.
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