ROMA – Israele sta “distruggendo sempre più case” a Gaza e, di conseguenza, i palestinesi “non hanno un posto dove tornare” e “l’unico risultato ovvio sarà che i cittadini di Gaza sceglieranno di emigrare fuori dalla Striscia”. Non sono parole di protesta di un manifestante pro-Pal, ma l’illustrazione del piano di trasferimento di massa della popolazione della Striscia fatta direttamente del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ai suoi parlamentari.A riportarle è un articolo del quotidiano israeliano “The Times of Israel” intitolato “PM said to tell MKs: Israel destroying homes in Gaza, so Palestinians have nowhere else to go but outside the Strip”.
FONTE: PAGINE fb United nation
“IL PROBLEMA PRINCIPALE? TROVARE PAESI CHE ACCOLGANO I PALESTINESI”
Secondo quanto riportato, l’intervento di Benjamin Netanyahu è stato fatto durante la sessione a porte chiuse davanti alla Commissione affari esteri e difesa della Knesset, nella giornata di ieri, 12 maggio, ai legislatori. Una volta riusciti nell’intento di ‘convincere’ i cittadini di Gaza ad andarsene dalle Striscia, “il nostro problema principale è trovare paesi che li accolgano”, ha continuato il premier israeliano, presentando i punti ‘critici’ del piano.
RISPUNTA TRUMP-GAZA, L’OCCUPAZIONE AMERICANA DELLA STRISCIA
A riguardo, Netanyahu avrebbe riferito ai parlamentari di aver discusso negli ultimi giorni del piano proposto da Donald Trump per l’occupazione di Gaza da parte degli Stati Uniti con lo stesso presidente, ma “ha riconosciuto che ci sono state difficoltà nella sua attuazione”.
LEGGI ANCHE: Trump: “Gli Stati Uniti padroni di Gaza, sarà la Riviera del Medio Oriente”
I nodi sono proprio legati alla possibile destinazione ‘finale’ dei palestinesi. “Mentre Trump inizialmente aveva invitato Egitto e Giordania ad accogliere i palestinesi- prosegue The Times of Israel- entrambi i paesi si sono subito opposti all’idea, insistendo sul fatto che ai palestinesi dovrebbe essere consentito di rimanere sul loro territorio”. Anche perché aggiunge il quotidiano, “Israele si è anche astenuto dal garantire pubblicamente ai cittadini di Gaza che coloro che se ne vanno potranno tornare, riducendo ulteriormente l’incentivo per i paesi ad accoglierli”. Non solo: “Decine di persone che hanno lasciato Gaza per lavorare all’estero, secondo quanto riferito, sono state obbligate a firmare documenti che riconoscono che non ci sono tempistiche per il loro rientro a causa della situazione di sicurezza”, racconta la testata. E ancora: “Ai bambini evacuati all’estero per cure mediche è stato inoltre impedito di ricongiungersi con le loro famiglie a Gaza al termine della degenza in ospedale”.
“NON STIAMO PARLANDO DI INSEDIAMENTI ISRAELIANI A GAZA, PER ORA”
Malgrado le difficoltà nel trovare paesi disponibili ad accogliere i cittadini di Gaza, Netanyahu ha riferito in Aula che “gli Stati Uniti sono ancora interessati ad occupare Gaza”. Alla fine, il premier ha dovuto ammettere: “So che deluderò alcuni qui, ma non stiamo parlando di insediamenti israeliani nella Striscia di Gaza in questo momento”.Sul coinvolgimento degli Usa, Times of Israel riferisce comunque che secondo “fonti vicine alla questione”, l’amministrazione Trump avrebbe compiuto “sforzi minimi” per portare avanti effettivamente il piano di occupazione di Gaza, da quando è stato annunciato all’inizio di febbraio, a seguito della “massiccia opposizione ricevuta” dagli alleati arabi.
LA DISTRIBUZIONE DEGLI AIUTI: CON 2 MILIONI DI PERSONE IN UN DECIMO DEL TERRITORIO
Netanyahu ha inoltre informato il comitato sul piano di Israele di riprendere presto la distribuzione degli aiuti a Gaza attraverso un nuovo sistema che mira a impedire che gli aiuti vengano dirottati da Hamas: a coloro che ritirano gli aiuti dai nuovi centri di distribuzione nel sud di Gaza sarà vietato il ritorno in luoghi di Gaza al di fuori della nuova zona umanitaria, istituita nel sud di Gaza. In questo modo, il piano di aiuti di Israele prevede di concentrare l’intera popolazione di Gaza, pari a 2 milioni di persone, in un’area all’interno e nei dintorni di Rafah, che rappresenta tra il 10 e il 25% della Striscia. Infine, chi entra sarà sottoposto a controlli da parte delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), secondo i funzionari informati sul piano.
Per gestire il nuovo piano di aiuti è stata istituita una nuova organizzazione, la Gaza Humanitarian Foundation, annunciata anche dall’amministrazione di Washington nei giorni scorsi. La GHF avrebbe dovuto annunciarne l’avvio la scorsa settimana, spiega il quotidiano, ma ha dovuto affrontare difficoltà dopo che il rifiuto di collaborare all’iniziativa da parte di Emirati Arabi Uniti, Nazioni Unite e altri organismi internazionali. Un ‘no’ motivato dai dubbi sulla sua efficacia effettiva nell’affrontare la crisi umanitaria a Gaza, dove gli aiuti sono stati vietati da Israele dal 2 marzo scorso.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it