ROMA – “Noi vogliamo onestà”, dice una signora. Ha una certa età, è vestita con molta eleganza, in perfetta sintonia con gli stucchi intensi di Villa Rosa, a Bagheria, dove il vento di maggio ha già in sé il calore che piomberà in estate.
E’ come nei romanzi di Pirandello questa Sicilia con la sua bellezza un pò stanca, all’apparenza rassegnata, eppure oltre cento persone di tutte le età sono venute per ascoltare Sigfrido Ranucci, autore e conduttore di Report.
“E’ il massacro di una popolazione che sta avvenendo nel silenzio assurdo di quell’Occidente (ndr, che si dice) democratico. Alzando lo sguardo ho visto sul palazzo comunale di Bagheria la scritta ‘Gaza Libera’. Non nascondo un certo imbarazzo da militare: immedesimarmi in persone che indossano un’uniforme e obbediscono a ordini di sparare contro civili. La Costituzione italiana ci garantisce che di fronte a ordini incostituzionali siamo portati anche a disobbedire, ma provo imbarazzo per quelle persone dell’esercito israeliano che sparano contro la popolazione, premettendo che tutto quello che è successo il 7 ottobre è da condannare. Non si può in silenzio accettare quello che sta accadendo a Gaza”.
Queste le parole del colonnello Antonello Arabia, presidente del SUM (Sindacato unico dei militari), in occasione dell’incontro con l’autore e conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, a Bagheria per parlare del suo libro autobiografico ‘La scelta’.
E’ come nei romanzi di Pirandello questa Sicilia con la sua bellezza un pò stanca, all’apparenza rassegnata, eppure oltre cento persone di tutte le età sono venute per ascoltare Sigfrido Ranucci, autore e conduttore di Report.
‘La scelta’ (edito da Bompiani) è il racconto di tutta una vita, dalle inchieste giornalistiche difficili e tormentate ai sentimenti di figlio, dalle delusioni agli amori, alla passione che serve per resistere quando la verità è talmente scomoda che si fa il deserto intorno.
A organizzare questo incontro, a cui ha preso parte l’agenzia di stampa Dire, è un sindacato militare, il Sum (sindacato unico dei militari). E cosa c’entra il mondo dei militari con il libro di Ranucci? E’ la domanda che nessuno osa fare.
“Il mondo militare è antico, quello dei sindacati nuovo”, ha esordito il presidente del sindacato, il colonnello Antonello Arabia che ha ricordato la travagliata storia della nascita dei sindacati militari, ufficializzata solo nel 2022, ben 40 anni dopo la Polizia. Arabia ha ricordato il fine per cui i sindacati sono nati: “La tutela dei diritti dei nostri militari”.
L’URANIO IMPOVERITO
Ecco il filo rosso: le persone, i diritti, la Costituzione, i valori, la collettività, la dignità del proprio lavoro. La salute, per cominciare. E il discorso va all’uranio impoverito, vicenda mai chiusa e affrontata dalle istituzioni nonostante “quattro commissioni parlamentari d’inchiesta non si trova alcuna soluzione al problema.
Il ministro Crosetto ha creato una commissione interna da circa 3 anni di cui non si conoscono i risultati”, ha incalzato Arabia. Intanto “la gente continua a morire e a dover combattere battaglie giudiziarie decennali. Questo è intollerabile”.
Del resto riconoscere il rapporto causa-effetto tra uranio impoverito e patologie, come ha sottolineato Ranucci, aprirebbe il varco a risarcimenti anche alla popolazione civile che nei Balcani ne è stata contaminata. “Diffidate sempre di questi aggettivi (ndr, che tendono a sminuire il tenore delle parole), come uranio-impoverito”, ha commentato il conduttore di Report.
“Grazie per questa scelta coraggiosa di fare giornalismo d’inchiesta”, le parole del presidente del Sum. “Ne abbiamo sempre meno di giornalisti cosi”, ha detto Giuseppe Castronovo di Tante Storie, imprenditore dell’editoria, e amico storico di Ranucci. Proprio a Bagheria, altra pagina intensa del racconto autobiografico, molti anni fa Ranucci fuggì dalla villa di una delle tanti amanti e incrociò quello che solo dopo avrebbe scoperto essere il boss Messina Denaro.
Il libro, ha tenuto a dire Ranucci, è “un omaggio a tutte quelle persone che hanno avuto un ruolo nella mia vita”, dove professionale e personale sono come due “vasi comunicanti”. Il filo rosso delle inchieste riavvolge il nastro della storia, da Falluja al crac Parmalat, ai quadri di Tanzi, all’ex leghista Tosi, che quasi costa la carriera a Ranucci, per arrivare all’inchiesta sui vaccini covid.
IL TEMA VACCINI
E ancora una volta la cronaca incrocia il mondo dei militari, costretti a vaccinarsi insieme agli insegnanti, pena sospensione del lavoro e dello stipendio. Nella memoria risuona lo shock che seguì alla morte del marinaio Stefano Paternò, morto 12 ore dopo la dose.
E Camilla Canepa, la giovane studentessa, che muore dopo aver aderito a un open day dei vaccini. Ranucci ha raccontato anche la parte dolorosa delle inchieste: “Passi 6-7 anni a difenderti, nei tribunali, dai tentativi di dossieraggio, passi a difendere la tua credibilità” e ha parlato di tutti quei colleghi, di realtà più piccole o della stampa locale che anche molto esposti non hanno le stesse tutele legali.Chi cerca la verità deve fare come il “discesista libero”, per dirla con le parole del direttore Roberto Morrione, suo maestro. Tirare dritto. Vale per i giornalisti, vale per tutti. E’ la scelta.
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