ROMA – Sta facendo molto discutere, nelle ultime ore, il servizio andato in onda ieri sera su Le Iene, firmato da Luca Sgarbi e Claudio Bongiovanni.
L’inchiesta, al centro dell’attenzione mediatica, solleva gravi interrogativi sul funzionamento del sistema di accesso al calcio professionistico per i più giovani, denunciando pratiche che sembrano premiare più il denaro che il talento.
IL SERVIZIO DE LE IENE
Il protagonista del servizio è Salvatore Bagni, 68 anni, ex centrocampista di Napoli e Inter, campione d’Italia nel 1987 al fianco di Maradona. Oggi attivo nello scouting, Bagni viene contattato dall’inviato de Le Iene, che si finge fratello di un giovane calciatore. L’obiettivo? Verificare come funzionano realmente le opportunità per entrare nei settori giovanili delle squadre professionistiche.
“SOTTO I 30MILA EURO NON LAVORIAMO CON NESSUNO”
Nel corso dell’inchiesta, Bagni illustra senza filtri il suo modello operativo: “Quelli che cerchiamo noi li paghiamo. Ma se un ragazzo ci viene proposto da altri, devono pagarci loro”. E le cifre non sono simboliche: “Sotto i 30 mila euro non lavoriamo con nessuno”, precisa. Il tutto, secondo le sue parole, giustificato dal fatto che «gli operai non possono permetterselo, lo fanno solo imprenditori».
Più che sul valore tecnico dei giovani, la discussione ruota attorno a soldi e contatti personali. Bagni, infatti, non chiede né video, né partite, né osservazioni dal vivo. “Com’è tuo fratello?”, chiede all’inviato, lasciando intendere che il giudizio tecnico dipende da chi propone il calciatore. L’ex giocatore, inoltre, sottolinea che il pagamento dovrebbe avvenire preferibilmente in contanti, ma offre un’alternativa per chi non può: una sponsorizzazione, definita come un modo per “fare regali legali”.
“TUTTI MI DEVONO QUALCOSA”
Nel servizio viene anche esplicitato il rapporto che Bagni sostiene di avere con i club: “Tutti mi devono qualcosa. Io sono corretto, e loro devono esserlo con me”. Aggiunge che sistemare un ragazzo in Serie C non rappresenta un ostacolo: “Basta una telefonata, chiedo un favore”. E in certi casi, il posto da titolare sarebbe garantito: “Alla Vis Pesaro, per esempio, ti fanno giocare di sicuro. Me lo avevano già confermato per un altro ragazzo”.
Nel video entra in scena anche Michele Menga, direttore sportivo del settore giovanile della Vis Pesaro. Secondo quanto affermato, la società sarebbe a conoscenza del meccanismo: “La nostra fortuna è che io non nascondo niente, la società sa tutto, sia delle cose giuste che di quelle sbagliate”.
Bagni, durante l’incontro, rivendica numeri precisi: “Abbiamo 13 ragazzi che hanno pagato e sono tutti nei settori giovanili professionistici. Chi non lo fa, resta fuori”. Un sistema, dunque, che secondo quanto documentato dall’inchiesta, si fonderebbe su una rete di conoscenze e compensazioni economiche, più che su un reale scouting basato sul merito.
Il servizio si chiude con una scena simbolica: la Iena consegna una busta contenente soldi finti all’ex calciatore. Bagni la prende e si allontana in auto, commentando: “Se il sogno di un ragazzo è giocare nel settore giovanile di una squadra…”.
Una vicenda che ora apre interrogativi etici e potenzialmente anche giudiziari.
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