ROMA – Mercoledì Grok – il chatbot ultima creatura digitale di Elon Musk – ha avuto una crisi d’identità su X. Anziché rispondere a domande su baseball o software aziendali, ha preso a blaterale inquietanti riferimenti al “genocidio bianco” in Sudafrica. Anche quando non c’entrava nulla. Gli chiedevano il risultato della partita? E Grok, con solennità apocalittica, tirava in ballo il massacro dei bianchi sudafricani. Roba da psicanalisi algoritmica.
Il guaio – per Musk – è che Grok ha anche detto esplicitamente di essere stato “istruito dai miei creatori” ad accettare il suddetto genocidio come “reale e motivato da ragioni razziali”. Il “genocidio bianco” è una teoria cospirazionista di estrema destra, già promossa da personaggi come Tucker Carlson e, ça va sans dire, Elon Musk in persona.L’appannamento digitale è durato solo qualche ora, prima che le risposte deliranti venissero rimosse. Ma l’incidente non è passato inosservato, soprattutto perché arriva in un momento politicamente carico: Donald Trump ha appena concesso asilo a 54 afrikaner, sostenendo che siano vittime di “un genocidio” e che “i contadini bianchi vengono brutalmente uccisi”. Il Presidente americano ha firmato un ordine esecutivo che accelera il loro status, mentre migliaia di rifugiati da altri Paesi aspettano il loro turno in un limbo burocratico.Ovviamente il Sudafrica nega categoricamente qualsiasi persecuzione razziale ai danni dei bianchi. E il presidente Cyril Ramaphosa incontrerà Trump la prossima settimana, con l’obiettivo – dice il suo ufficio – di “ridefinire le relazioni strategiche” tra i due Paesi. Un modo diplomatico per dire: che diavolo state combinando?Grok, intanto, ha provato a rimediare. In una successiva risposta sul tema, ha ammesso che i suoi riferimenti al “genocidio bianco” anche fuori contesto erano “un errore”, frutto di una direttiva interna di xAI in conflitto con la necessità di basarsi su dati reali. Ha citato perfino una sentenza sudafricana del 2025 (che esiste davvero) che definisce la narrazione del genocidio come “fantasia”, affermando che gli attacchi alle fattorie non hanno motivazioni razziali.Il problema, più che tecnico, è politico. Grok non è un chatbot come gli altri: nasce per avere “una vena ribelle” e “una prospettiva esterna sull’umanità”, secondo il marketing di xAI. Deve sembrare un libertario saccente con un account su X, insomma. Ma il fatto che un bot venga programmato per legittimare una teoria del complotto razzista è allarmante, persino per i canoni di X.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it