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Salvini premia Vannacci per attaccare Meloni da destra. Cosa vuol dire la nomina del generale a vicesegretario della Lega


ROMA – “Claudio Durigon, Silvia Sardone, Alberto Stefani e Roberto Vannacci sono i nuovi vicesegretari della Lega”. Lo ha annunciato Matteo Salvini durante il consiglio federale appena concluso.

ATTACCARE MELONI DA DESTRA

Attaccare Giorgia Meloni sul fianco destro. Dietro alla nomina di Roberto Vannacci a vicesegretario della Lega c’è l’idea di Matteo Salvini di infastidire la premier e alleata col generale sovranista e trumpiano. Vannacci, a differenza del segretario della Lega che siede al governo come ministro e vicepremier, avrà facoltà di sparare quei colpi che il Salvini istituzionale non può. Soprattutto in politica estera. I flirt di Vannacci (e Salvini) con Le Pen, con la Russia, col rumeno Simion: tutte frecce all’arco del generale per sparare contro FdI.

Il 6 aprile, al congresso di Firenze, Salvini ha consegnato la tessera della Lega al generale volato a Strasburgo con mezzo milione di preferenze. Vannacci ha presto accantonato l’idea di farsi un partito, anche se nel frattempo il suo ‘Mondo al contrario’ da movimento culturale si è fatto politico; non si sa mai. Intanto, però, meglio un posto al sole da vicesegretario leghista.

Per nominarlo, Salvini ha fatto cambiare lo statuto, aumentando il numero dei vicesegretari e il numero di anni di militanza minimo per ambire a cariche organizzative. Affiancherà i riconfermati Alberto Stefani, segretario della Liga Veneta, e Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro e uomo del centro-sud. Entra in squadra anche Silvia Sardone: 42enne milanese, bocconiana, un importante bacino di preferenze. Un riconoscimento anche per lei, visto l’ottimo risultato alle europee.

Se la nomina di Vannacci può servire a Salvini per scongiurare una scissione e punzecchiare Meloni, all’interno della Lega il generale non è precisamente amato. Al congresso di Firenze, seduto in prima fila ma lontano dai big del partito, è stato sostanzialmente ignorato dai governatori del Nord. Zaia, Fedriga, Fontana: non lo amano e non lo nascondono. “Rimango profondamente e geneticamente legato al fatto che dobbiamo rappresentare le istanze della gente”, ripete Zaia, provando a scrollarsi di dosso Vannacci e quel fascino dell’estrema destra che si porta dietro. Ma, intanto, il generale è già in battaglia: “L’Europa non vuole la pace, meno male che c’è Trump”.
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