BOLOGNA – “Sono qui per raccontarvi una storia, la mia storia. Voglio dar voce a ciò che è successo poiché, nonostante siamo nel 2025, certe cose continuano ad accadere e purtroppo non se ne parla mai abbastanza”: così inizia la lunga lettera-denuncia di Giorgia, 24 anni poco compiuti, che per diversi mesi, fino lo scorso aprile, ha lavorato in un bar nel centro di Bologna.
LA DENUNCIA A SUON DI VOLANTINI E “SCAN ME”
La ragazza appunto ha deciso di diffondere la sua storia- una storia di molestie sul lavoro, ma anche di tanta indifferenza- coprendo capillarmente la città con volantini e letteralmente ‘gridandolo’ dai muri. Infatti lungo le strade, ha appiccicato un Qr code affisso di grandi dimensioni accompagnato dalla semplice scritta “Scan Me”. Un modo originale con cui è riuscita a destare curiosità e a cancellare l’indifferenza che l’ha circondata per lungo tempo.
BATTUTE E FRASI INAPPROPRIATE
Il racconto prosegue spiegando che, pochi giorni dopo aver iniziato a lavorare nel bar, un cliente abituale, un 70 enne negoziante della zona, le ha proposto un lavoro extra “per riorganizzare vetrina e scartoffie” e fare qualche consegna. “Io ho accettato- prosegue Giorgia- perché mi faceva comodo avere un lavoretto saltuario per arrotondare un po’”. Ma succede qualcosa: “Ogni volta che andavo, provavo una spiacevole sensazione”, perché l’uomo mostrava attenzioni non gradite: “Spesso diceva cose o faceva battute poco chiare, da cui però traspariva dell’interesse nei miei confronti. Erano battute molto velate- precisa la ragazza- ma fuori luogo”.Poi la goccia che ha fatto traboccare il vaso: dopo una consegna, il negoziante le rivolge l’infelice battuta: “Ma io ti darei anche 300 euro, solo che per altre mansioni”. Da quelle parole, la ragazza decide che è troppo e smette di lavorare per lui. Il 70 enne “nonostante il mio disappunto, ha continuato a venire al bar come se nulla fosse” e “ogni volta che entrava da quella porta, io provavo un gran senso di disagio. Non sapevo come comportarmi poiché, in quanto semplice dipendente, non potevo chiedergli di non presentarsi più”.
“NULLA DI GRAVE”
La ragazza confida il suo disagio ai colleghi che riferiscono tutto al titolare del bar: lui convoca la ragazza per capire meglio cosa fosse successo. “Sembrava interessato anche perché ovviamente i due si conoscevano. Ma appena ha capito che non era accaduto ‘nulla di grave’ a parer suo, ovvero non c’era stata nessuna molestia fisica, ha smesso completamente di ascoltarmi e se n’è andato via”. La ragazza ha insistito a lungo invece che il titolare del bar prendesse posizione e così “a fine dicembre, finalmente, è andato a parlare con il negoziante”, che per un po’ non si è più visto nel locale, almeno quando la ragazza era di turno.
“ERA SOLO UNA BATTUTA”
Finché arriva il 30 aprile, l’ultimo giorno di lavoro di Giorgia da contratto e il molestatore si presenta al bar per fare colazione. La ragazza lo affronta di persona per dirgli che non è una persona gradita nel bar: “Lui ha risposto che non era vero che anzi, con il titolare era in buonissimi rapporti, semplicemente lui gli aveva detto di non presentarsi più finché non me ne fossi andata”. Inoltre, il negoziante ha minimizzato tutta la vicenda dicendo che “gli dispiaceva per come la stavo prendendo, che dovevo aver avuto delle esperienze pregresse per reagire a quel modo. In fondo, la sua era stata solo una battuta, come tutte le altre”. La ragazza decide così di andarsene e di lasciare il lavoro al bar: “I miei colleghi non mi hanno detto niente, se non che non avrei dovuto parlarci- spiega- Questo mi ha fatto sentire presa in giro e sola, per l’ennesima volta in quella situazione”.
“MI HANNO DETTO DI LASCIAR CORRERE, NON È GIUSTO”
“Sono qui in veste di donna e di lavoratrice, nonostante mi sia stato ripetutamente detto di lasciar correre, per denunciare quel che nel 2025 ancora accade- conclude Giorgia- Perché non è giusto dover subire questo tipo di disagio, perché non è corretto giustificare gli uomini che te lo creano e quelli che gli danno man forte, perché non è possibile che ancora oggi, in situazioni come queste, ci ritroviamo sole e non veniamo né ascoltate, né tutelate al riguardo”. Così, malgrado l’indifferenza di colleghi e del titolare, la ragazza passa all’azione: non mette più piede al bar e inizia a portare il volantino che racconta la sua storia nelle altre attività della zona, a far circolare il Qr-code tra i vicoli, chiedendo semplicemente di essere ascoltata.
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