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500 panchine in Serie A, l’ultima a Roma: il lungo addio di Claudio Ranieri


ROMA – Cinquecento panchine in serie A, prima del definitivo ritiro che seguirà la partita di Torino contro i granata del 25 maggio per l’ultima della stagione. Dopo l’addio dello scorso anno, poi rientrato per la chiamata della Roma, Claudio Ranieri dirà basta e lo farà sulla panchina della squadra per cui tifa da sempre, fin da quando da giocatore aveva mosso i primi passi nel mondo del calcio. Arrivati a questo punto, diventa una questione soprattutto di cuore. I freddi calcoli delle panchine raggiunte in carriera, delle vittorie fatte, delle sconfitte subite, dei miracoli sportivi, dei rimpianti, passano in secondo piano. Certo, Claudio Ranieri ha raggiunto salvezze impensabili, ha vinto uno scudetto che ancora oggi solo a pensarci viene da chiedersi come sia stato possibile. Al suo esordio vero da allenatore ha guidato il Cagliari (un bel pezzo del suo cuore sportivo) in due promozioni consecutive, dalla C alla A, regalando emozioni così forti che solo l’altro ‘non sardo’ Gigi Riva riuscì a fare meglio. Roba per cuori forti. E se non sono emozioni intense, non sono da Claudio Ranieri.

Come quando nel 1993, due anni dopo la sua (prima) esperienza al Cagliari ha accettato la panchina della Fiorentina. E pure qui la situazione non era certo delle più semplici visto che i toscani erano appena retrocessi in serie B. Problemi? Neanche per sogno. Emozioni forti? Ovvio. Il tecnico romano, infatti, ha preso i viola per mano portandoli in serie A immediatamente. E poi alla vittoria (quasi) subito della Coppa Italia che mancava esattamente da 20 anni, dalla stagione 1975/76. E poi si è tolto pure la soddisfazione di vincere la Supercoppa italiana contro il Milan campione d’Italia con quella Fiorentina qualificatasi alla finale ‘solo’ da vincitrice della Coppa Italia. Un unicum per quei tempi, visto che il titolo solitamente finiva ai campioni d’Italia di turno.

La fine dell’esperienza toscana ha aperto poi a Ranieri le porte per l’estero, proprio per quella Spagna dove aveva incantato in semifinale di Coppa delle Coppe con la Fiorentina, fermando il Barcellona al Camp Nou e zittendo gli spagnoli con Batistuta che fece il celebre gesto di portarsi l’indice della mano destra al naso. Al ritorno, a Firenze, vinsero gli spagnoli 2-0 e in finale andarono loro. In Spagna, appunto, nel 1997 ha preso l’ennesima squadra in difficoltà, un Valencia ultimo fatto risalire fino al nono posto e poi alla qualificazione in Champions League, alla vittoria della Coppa Intertoto e della Coppa del Re (la Coppa nazionale in Spagna) nel giro di due stagioni.

Il suo giro per l’Europa lo porta per la prima volta in Inghilterra, nel 2000, dove allena il Chelsea per 199 partite ufficiali con 107 vittorie, una coppa d’Inghilterra persa in finale con l’Arsenal e una serie di piazzamenti che però non lo salvano dall’esonero in favore di Josè Mourinho che grazie anche al suo lavoro scriverà un pezzo importante di storia del club.

Nel 2007 il ritorno in Italia, ancora chiamato a risollevare le sorti di club sofferenti. Come il Parma condannato alla B, per questo portato fino ad una salvezza per questo insperata. O come la Juventus appena tornata in serie A dopo la retrocessione d’ufficio per colpa di Calciopoli e guidata fino all’alta classifica al primo campionato.

Nel 2009 la chiamata del cuore, quella sempre sognata. Forse sotto sotto ci sperava, anche per rispondere in qualche modo al maestro di tutti i tecnici italiani Carlo Mazzone, altro romanista e soprattutto romano come lui, trasteverino mentre Ranieri è del Rione San Saba a due passi da Testaccio. A Roma città esiste un detto popolare che recita così: ‘A via de la Lungara ce sta ‘n gradino/chi nun salisce quelo nun è romano e né trasteverino’. A via della Lungara c’è Regina Coeli e il gradino è quello dell’ingresso nello storico carcere romano.

Ma a Roma c’è pure lo stadio Olimpico e Mazzone, da buon vecchio romano, un giorno riprese il vecchio detto per ‘battezzare’ il tecnico Ranieri: ‘Non andare in giro a dire che sei un allenatore finché non salirai i gradini dell’Olimpico- disse- Giovanotto mo’ li hai saliti, attenzione, non te inciampà!’.

Luciano Spalletti ha appena chiuso con le dimissioni la sua prima esperienza alla Roma, finita in fondo alla classifica. Non solo riprende la squadra per i capelli ma la guida addirittura alle porte del sogno, fino ad un primo posto lottato con l’Inter di Mourinho che dovrà sudare più di sette camicie per vincere lo scudetto contro questa Roma scatenata.

Chiusa la prima esperienza giallorossa, è proprio l’Inter a cercarlo per superare il proprio momento di difficoltà e anche qui Ranieri ha risposto presente, mettendoci anima e cuore per far risalire i nerazzurri in classifica. Il richiamo dell’estero per un allenatore giramondo come Ranieri resta sempre troppo forte e chiunque sia a volerlo, ne beneficia eccome. Per esempio i francesi del Monaco, presi nella serie B francesi e portati in serie A fino ad un grande secondo posto alle spalle della corazzata parigina del PSG.

Ma siccome se non sono emozioni forti, non sono da Claudio Ranieri, nel 2014 si è voluto pure togliere la soddisfazione di guidare una nazionale. Un periodo breve ma intenso, in un ambiente non certo facile come quello della Grecia. Ma per un tecnico come lui, abituato a lavorare quotidianamente con i calciatori, farlo in occasione solo degli sporadici raduni non è certo il massimo. Qui alla fine le difficoltà si sono rivelate insormontabili e in una carriera quasi infallibile come la sua, questa resta l’esperienza meno positiva di tutte.

Fermarsi per leccarsi le ferite non è mai stata cosa da Ranieri, meglio rimettersi subito in gioco. Così nel 2015 è arrivata la chiamata che lo porterà all’ennesimo trionfo, più delle altre però. Torna ancora in Premier, lo vuole e lo sceglie il ‘piccolo’ Leicester per ‘una salvezza tranquilla’. Solo che le parole ‘tranquillo’ e ‘Ranieri’ nella stessa frase non sono mai andate d’accordo.

E alla faccia di tutti soprattutto dei bookmakers che ne quotavano un licenziamento entro breve, mentre la vittoria dello scudetto inglese del suo Leicester veniva dato meno probabile della scoperta di Elvis Presley vivo, del mostro di Loch Ness o della nomina di Bono a Papa. Se il re del rock fosse ancora vivo o se la voce degli U2 fosse meritevole dell’elezione a San Pietro questo non è dato saperlo, il Leicester di Ranieri campione d’Inghilterra invece si. Così alla fine della stagione 2015/16 arriva il coronamento dell’impresa sportiva per molti ‘più grande di sempre’ con la vittoria del campionato inglese.Torna poi a Roma, dove ancora una volta deve rimboccarsi le maniche per aiutare la sua squadra del cuore (l’altro pezzo) a risorgere dalle difficoltà, con cui ancora una volta sfiorerà le porte del Paradiso (questa volta, la qualificazione in una coppa europea).

È poi arrivata la chiamata della Sampdoria, anche qui per risollevare la squadra da un rischiosissimo dramma sportivo: risultato ovviamente centrato. E se il cuore chiama, come dire di no? Nel 2022 il suo Cagliari naviga in pessime acque, lo richiama e lui risponde ancora presente aiutando i sardi ancora una volta a centrare l’obiettivo salvezza. Alla fine della stagione, però, Ranieri annuncia di essere arrivato al capolinea della sua lunga, intensa e straordinaria carriera (‘Decisione dura e sofferta’).

Avrebbe dovuto e voluto godersi la pensione, ma non aveva fatto, di nuovo, i conti con il suo cuore. ‘Solo una chiamata del Cagliari o della Roma’ avrebbero potuto farlo vacillare. E così, ancora una volta, i giallorossi in piena crisi lo hanno chiamato per chiedergli un aiuto. E lui, romano di San Saba, avrebbe mai potuto dire di no? Saranno comunque 90 minuti di passione domenica contro il Milan sulla panchina della sua Roma, per la 500esima volta in serie A. Ancora una volta l’aggiustatore per eccellenza ha risposto presente. E lo ha fatto con il cuore, come sempre.
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