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I bambini civitavecchiesi sui ‘’treni della felicità’’

CIVITAVECCHIA – Nel 2019, Viola Ardone pubblica per Einaudi il romanzo “Il treno dei bambini” in cui narra la storia di Amerigo Speranza, bambino napoletano di sette anni, abbandonato dal padre. Per farlo uscire temporaneamente dalla miseria in cui viveva, la madre Antonietta lo invia a Modena sui “treni della felicità”, iniziativa del Partito comunista e dell’Unione Donne in Italia UDI per alleviare le sofferenze e la fame dei bambini dell’Italia centro-meridionale dopo le distruzioni della guerra. Dal romanzo è stato tratto l’omonimo film di Cristina Comencini uscito pochi mesi fa sulla piattaforma televisiva Netflix. Una delle principali promotrici di questa iniziativa che coinvolse migliaia di bambini di varie città fu Teresa Noce, una delle ventuno “madri” costituenti. I bambini venivano inviati in alcune regioni della Penisola: Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Umbria e Liguria. Qui venivano accolti da famiglie che gli assicuravano pasti tre volte al giorno, abbigliamento decoroso e istruzione. Lo stesso Togliatti lodò l’iniziativa e chiese che fosse diffusa in più realtà locali. Aderirono più di settantamila bambini. Fra loro ci furono anche decine di bambini civitavecchiesi che poterono alleviare le sofferenze del dopoguerra, recandosi con i “treni della felicità” ospiti di famiglie di Modena che li accolsero con generosità per alcuni mesi. Tutto ciò è narrato in alcuni articoli del 1946 apparsi sul quotidiano comunista L’Unità. Non sappiamo quando i bambini civitavecchiesi raggiunsero Modena. I bambini romani partirono alla fine di gennaio 1946 ma sul giornale non c’è nessun accenno a quelli provenienti dalla nostra città. Sul numero del 21 maggio, in prima pagina, leggiamo che “a Civitavecchia, il giorno dopo, una grande folla, con la musica municipale, attendeva l’arrivo dei 63 bambini del paese. Qui si sono avute le prime commoventi scene dell’incontro fra le famiglie e i bambini, che ritornavano grassi, allegri e con un bel sacco pieno di vestiario e di cibi”. Un sano e nutriente materialismo che la Chiesa criticò duramente, facendo circolare addirittura la voce che i bambini sarebbero stati spediti coattivamente in Unione Sovietica. Ancora più singolare fu quello che accadde due anni dopo ad altri bambini civitavecchiesi. Il 14 luglio 1948 ci fu l’attentato a Togliatti. In alcune città, fra cui Civitavecchia, fu il segnale per un’insurrezione armata e violenta dei militanti comunisti delusi per i risultati elettorali del 18 aprile. Molti dei partecipanti a quegli scontri con la polizia furono arrestati, altri si diedero alla macchia. La Bulgaria, già governata dal partito comunista, invitò i figli degli arrestati a recarsi da loro per un lungo periodo di vacanza iniziato a settembre e proseguito fino ai primi di novembre. Sul numero del 6 novembre 1948 dell’Unità è raccontato il rientro di questi cinquantatre bambini italiani (Abbadia San Salvatore, Civitavecchia, Civita Castellana e Napoli) . Furono accolti alla stazione da dirigenti del Pci e dell’UDI, fra loro Marisa Cinciari, Giuseppe Di Vittorio e Umberto Terracini. Sotto la foto dei bambini che pubblica il giornale comunista leggiamo: “Felici e ingrassati sono tornati dalla Bulgaria ove sono stati ospiti del Soviet di Sofia i bimbi perseguitati da Scelba” che era il ministro dell’Interno di allora. Chissà se leggendo questo almanacco, qualche bambino “felice ed ingrassato” che partecipò alle vacanze a Modena o in Bulgaria si faccia avanti e ci racconti quello che visse ottant’anni fa.

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