ROMA – Due cittadini italiani sono morti nelle ultime ore in Ucraina, dove combattevano come volontari a fianco delle forze di Kiev.
MANUEL MAMELI
Si tratta di Manuel Mameli, 24 anni, originario di Cagliari, e Antonio Omar Dridi, 33 anni, nato a Palermo. Entrambi avevano scelto di unirsi alle file ucraine in una guerra che, a oltre due anni dall’inizio dell’invasione russa, continua a mietere vittime anche tra i combattenti stranieri.
Mameli ha perso la vita durante un’operazione nella zona di Pokrovsk, città strategica nel Donetsk, teatro di intensi scontri da settimane. Secondo quanto riferito da fonti locali, sarebbe stato ucciso in un attacco con drone in un’area attualmente sotto il controllo delle forze russe. Con lui sono morte altre cinque persone. Un altro volontario italiano, coinvolto nell’attacco, è rimasto ferito.
Il corpo di Mameli non è stato ancora recuperato, e per questo motivo è formalmente considerato disperso in azione. Classe 2000, Mameli era partito da tempo per l’Ucraina, motivato – secondo fonti vicine – da convinzioni ideali forti. È il settimo italiano a perdere la vita in territorio ucraino dall’inizio del conflitto nel febbraio 2022.
ANTONIO OMAR DRIDI
Poche ore dopo, è arrivata la conferma del decesso di Antonio Omar Dridi, anche lui impegnato come volontario tra le fila ucraine. Nato a Palermo nel 1991, viveva da alcuni anni in Austria, dove lavorava come cuoco. Aveva deciso di unirsi al fronte in Ucraina nei mesi scorsi, ma da marzo si erano perse le sue tracce.
Il 14 marzo scorso la famiglia aveva lanciato un appello sui social, nel tentativo di ottenere notizie. La sorella, Noah Dridi, aveva raccontato di aver ricevuto una chiamata da un commilitone del fratello, che le aveva riferito come il bunker in cui si trovava Antonio fosse stato colpito da un bombardamento.
Dopo settimane di incertezze, la conferma della sua morte è giunta oggi. Le circostanze del decesso non sono ancora state chiarite in modo ufficiale, ma fonti informali legano la sua scomparsa proprio all’attacco segnalato a marzo.
COSA PREVEDE LA LEGGE
Secondo la normativa italiana, l’arruolamento volontario in un esercito straniero è una questione giuridicamente complessa. Il Codice Penale prevede all’articolo 288 la reclusione per chi, sul territorio italiano, recluta o arma cittadini con l’intento di farli partecipare a conflitti all’estero. Tuttavia, questa norma non si applica ai casi di cittadini italiani che decidono autonomamente di partire dall’estero per unirsi a forze armate straniere, come avvenuto per i due volontari caduti in Ucraina.
Più rilevante in questo contesto è la legge n. 210 del 12 maggio 1995, con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro il reclutamento e l’uso dei mercenari. La legge punisce con la reclusione da 2 a 7 anni chi combatte in cambio di denaro o altri vantaggi in un conflitto armato fuori dal territorio nazionale, senza essere parte delle forze regolari e senza cittadinanza o residenza stabile in uno degli Stati coinvolti. Tuttavia, nel caso di volontari che non percepiscono compensi e che si arruolano per motivi ideali o politici, come sembrerebbe per Mameli e Dridi, non si configurerebbe l’ipotesi di “mercenario” prevista dalla norma.
La stessa Farnesina ha in più occasioni ricordato che partecipare a conflitti all’estero, anche da volontari, comporta rischi legali e diplomatici, pur sottolineando che la valutazione della condotta spetta di volta in volta all’autorità giudiziaria.
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