BOLOGNA – “La vera domanda è il movente. E quando salterà fuori, farà male a due famiglie”. L’ex maresciallo dei Carabinieri di Garlasco, Franco Marchetto, ha molte cose da dire sulle nuove indagini sull’omicidio di Garlasco, avvenuto 18 anni fa, quando la mattina del 13 agosto venne uccisa in casa sua la 26enne Chiara Poggi. Era lunedì, Marchetto era al mare con la famiglia, quel giorno. Venne richiamato in servizio, ovviamente. La storia di Marchetto, che oggi ha rilasciato una lunga intervista a ‘Repubblica’, è piuttosto complicata. Proprio per via di alcune denunce a suo carico uscite durante le indagini su Garlasco, non solo venne allontanato dalle indagini ma venne anche condannato tre volte: a partire dal famoso pasticcio della bicicletta nera di casa Stasi che Marchetto non ritenne necessario sequestrare perchè non la riteneva la stessa di cui aveva parlato Franca Bermani, la vicina di casa di Chiara Poggi, dicendo di averla vista appoggiata al muretto la mattina dell’omicidio. Proprio questa storia della bicicletta, infatti, fece emergere il fatto che Marchetto avrebbe detto di essere stato presente all’audizione della signora Bermani ma invece non sarebbe stato vero. Per questo fu condannato a due anni e mezzo per falsa testimonianza. Oggi però lui torna a dire che è la donna che si sarebbe sbagliato e non lo avrebbe riconosciuto, ma lui c’era.
“LA PROCURA HA IN MANO MOLTO”
“La procura di Pavia ha in mano molto e ci stupirà”, dice Marchetto a Repubblica, intervistato da Massimo Pisa. E dice, anche, che “i carabinieri di Milano vogliono scrivere la parola fine, non una parola qualsiasi. Finora c’è stato un colpevole, non il colpevole. O i colpevoli. E quando si saprà la verità si scoprirà, si capirà anche il male che è stato fatto a me, da chi e il motivo”. Anche in un’intervista alla rai, fatta un mese fa, Marchetto aveva detto la stessa cosa: “Già all’epoca bisognava indagare a 360 gradi, non puntare il dito su una persona sola”.
“BISOGNAVA ENTRARE A CASA DELLE SORELLE CAPPA”
Andrea Sempio? Marchetto pare molto dubbioso su di lui: “Mai sentito finché non lo hanno indagato. Ma lui e il suo gruppo erano tutti ragazzini”. E allora chi altro potrebbe essere coinvolto? L’ex comandante dei Carabinieri ha cose da dire sulle ormai famose sorelle Cappa, Stefania e Paola (non indagate), le gemelle cugine di Chiara Poggi di cui si parlò molto (già allora) ma anche ora di nuovo, dopo la diffusione di alcuni messaggi vocali in cui Paola Cappa rievoca il periodo delle indagini e dice diverse cose che possono suonare inquietanti. Sulle sorelle Cappa, dice Marchetto: “C’era il testimone che smentiva i movimenti della loro madre, quella mattina (qualcuno vide un Suv nero passare da Garlasc intorno alle 8.30, ndr). E Muschitta che descrisse Stefania in bici con troppi dettagli per mentire. Bisognava entrare in casa loro, bisognava indagare a 360 gradi, ma il capitano Gennaro Cassese (che comandava la caserma di Vigevano, ndr) disse: tengono l’alibi. Ma chi lo ha mai verificato?”. Muschitta, per chi non lo ricordi, era l’operaio che un mese dopo il delitto disse di aver visto Stefania in bicicletta vicino a casa Poggi (dove lui era per lavoro) la mattina del delitto, ma poi ritrattò dicendo di aver inventato tutto. Non la conosceva, ma disse di averla vista poi apparire in tv e così di averla riconosciuta come la ragazza incrociata quella mattina.
LE CONDANNE DI MARCHETTO
Proprio un contrasto con il capitano Cassese (con tanto di denunce e controdenunce) ebbe come conseguenza il fatto che Marchetto dovette smettere di occuparsi del delitto di Garlasco. Oltre a quella per falsa testimonianza, le altre due condanne sono per favoreggiamento della prostituzione (era stato visto in un night mentre era in malattia dal lavoro) e per peculato. In questo caso perchè aveva prestato uin Gps ad una zia di Andrea Sempio di cui era amico: “Mi disse di voler controllare la famiglia, e invece pedinò il marito che lo scoprì”. Condanne a parte, all’epoca delle indagini Marchetto, scrive Massimo Pisa di Repubblica, era considerato il miglior ufficiale di polizia giudiziaria della provincia di Pavia. “Per tutti tranne che per uno”, il capitano Cassese.
LA SIGNORA BERMANI E LA BICI
Sulla faccenda della vicina di casa e della famosa bicicletta nera, dice oggi Marchetto: “Ero in caserma quando venne interrogata la signora Franca Bermani, quella che parlò della bici nera da donna con le molle cromate. La portai io sul ballatoio della caserma ma lei non mi conosceva, e non mi riconobbe. Adesso, nove anni dopo la condanna, mi è arrivata la richiesta di risarcimento da 40mila euro alla famiglia Poggi. Una cosa che mi amareggia. Perché mi sono stati chiesti i soldi proprio ora che mi sto interessando al caso. Per me, è come se fosse la mia ultima indagine. Una guerra del bene contro il male. Anche per riabilitarmi”. Ma perchè non sequestrò quella bici nera di proprietà della famiglia Stasi? “Era diversa.Non la sequestrai io ma nemmeno i colleghi di Vigevano, in seguito”.
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