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Il pane è aumentato quasi del 70% dal 2022: chiamala, se vuoi, inflazione


ROMA – Negli ultimi tre anni i prezzi dei beni alimentari essenziali per la dieta degli italiani – pane, latte e pasta – hanno registrato aumenti record, mettendo sotto pressione i bilanci delle famiglie. Dal 2022 al 2025 il pane è rincarato fino al 62%, il latte fino al 20% e la pasta ha toccato un +38% in un solo anno. Alla base della corsa dei prezzi ci sono la guerra in Ucraina, la crisi energetica, la siccità nei Paesi esportatori di grano, l’impennata dei costi di produzione e la speculazione sui mercati delle materie prime. Nel 2024 e nel 2025 i prezzi si sono stabilizzati, ma senza tornare ai livelli pre-crisi: oggi un chilo di pane costa in media tra i 4,5 e i 5,5 euro. Nel 2024 e all’inizio del 2025, il latte crudo ha toccato i 65,3 euro per 100 chili, portando il prezzo al dettaglio a 2,10-2,30 euro al litro, circa il 15-20% in più rispetto al 2022.

Il prezzo della pasta è arrivato a circa 1,7 euro al chilogrammo. In calo i consumi e in crescita la spesa nei discount (+11,9%). Quasi 4,5 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a cure mediche per motivi economici. Un contesto che impone interventi urgenti: riduzione dell’Iva sui beni di prima necessità, sostegno alla produzione locale, controlli sulla speculazione e fondi contro la povertà alimentare.’Il rincaro di beni essenziali come pane, latte e pasta non è solo una questione economica, ma un segnale preoccupante di disagio sociale che rischia di diventare strutturale. Milioni di italiani – soprattutto nei ceti medi e popolari – si trovano costretti a fare scelte drammatiche tra cibo, salute e istruzione. È una spirale pericolosa, che alimenta una nuova forma di povertà silenziosa, spesso invisibile nei numeri ufficiali ma ben presente nella vita quotidiana di tante famiglie. Di fronte a un pane che costa fino a oltre 5 euro al chilo, un litro di latte che sfiora i 2,30 euro e una pasta che ha superato abbondantemente l’euro e mezzo al chilo, parlare di stabilizzazione dei prezzi suona quasi offensivo per chi vive con stipendi bassi o pensioni minime. Questi aumenti colpiscono in modo sproporzionato chi ha meno, aggravando le disuguaglianze sociali. Per questo chiediamo al governo misure concrete: abbassare l’Iva sui beni alimentari, rafforzare i controlli contro le speculazioni e sostenere le fasce più fragili con fondi dedicati alla sicurezza alimentare’ commenta il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, negli ultimi anni, dal 2022 al 2025, i prezzi di tre beni alimentari fondamentali per la dieta italiana – pane, latte e pasta – hanno subito un aumento significativo, influenzando profondamente le abitudini di consumo delle famiglie. Questo periodo è stato segnato da una serie di eventi globali e nazionali che hanno spinto i costi verso l’alto, rendendo più difficile per molti italiani accedere a prodotti di prima necessità. La guerra in Ucraina, iniziata nel febbraio 2022, ha avuto un impatto devastante, facendo schizzare i prezzi delle materie prime come grano, mais e olio di semi, mentre la crisi energetica ha fatto lievitare i costi di produzione e trasporto, con il gasolio che è aumentato del 50% e l’elettricità che ha raggiunto picchi insostenibili per molte imprese. A questo si sono aggiunte le difficoltà legate al clima, con siccità in Paesi chiave come il Canada, grande esportatore di grano duro, che hanno ridotto i raccolti e fatto salire ulteriormente i prezzi.

Non meno rilevante è stata la speculazione sui mercati agricoli, dove i contratti “future” hanno amplificato i rincari, spesso scollegandoli dalla reale disponibilità di materie prime. Per quanto riguarda il pane, il 2022 ha segnato un punto di svolta: i prezzi sono aumentati in media del 13-18% rispetto all’anno precedente, arrivando a costare tra i 3,2 e i 4,2 euro al chilo, con punte estreme in città come Ferrara, dove si sono toccati i 9,8 euro al chilo. Nel 2023 la tendenza è proseguita, con incrementi del 7-10% in città come Genova, Milano, Firenze e Torino, portando il prezzo medio a circa 4,20 euro al chilo per il pane di grano tenero e 5,33 euro per quello integrale.

Rispetto al 2012, il pane è diventato più caro del 62%, un balzo impressionante. Nel 2024 e nel 2025 i prezzi si sono stabilizzati, ma senza tornare ai livelli pre-crisi: oggi un chilo di pane costa in media tra i 4,5 e i 5,5 euro, con una leggera flessione del 3-5% registrata a inizio 2025. A pesare sono stati soprattutto l’aumento del costo del grano tenero, cresciuto dell’86% per quello nazionale e del 108% per quello estero tra il 2020 e il 2022, insieme ai costi energetici per i forni e i trasporti. È interessante notare come il prezzo del pane al dettaglio sia cresciuto di 12-17 volte rispetto al costo del grano, suggerendo margini di profitto significativi lungo la filiera.Il latte ha seguito un percorso simile.

Nel 2022 il prezzo del latte fresco è aumentato di circa 30 centesimi al litro in poche settimane, passando a 1,80-2,00 euro al litro. Prodotti derivati come il burro hanno visto rincari ancora più marcati, con aumenti del 22% rispetto al 2021. Nel 2023 il latte crudo spot ha raggiunto i 60,8 euro per 100 chili, e al dettaglio il prezzo si è stabilizzato tra i 2,00 e i 2,20 euro al litro, con un incremento del 10-12% rispetto all’anno precedente. Nel 2024 e all’inizio del 2025, il latte crudo ha toccato i 65,3 euro per 100 chili, portando il prezzo al dettaglio a 2,10-2,30 euro al litro, circa il 15-20% in più rispetto al 2022. A incidere sono stati i costi dei mangimi, aumentati del 56%, e l’energia, ma anche la dipendenza italiana dall’importazione del 16% del fabbisogno di latte, resa più complicata dalle difficoltà della supply chain. Inoltre, l’8% delle stalle italiane è a rischio chiusura, riducendo ulteriormente la produzione interna.La pasta, simbolo della cucina italiana, non è stata da meno.

Nel 2022 il suo prezzo è cresciuto del 38%, passando da 1,10 euro al chilo a 1,40-1,52 euro. A gennaio 2022, un pacco di spaghetti Barilla costava in media 1,64 euro al chilo, il 28% in più rispetto al 2019. Il picco è arrivato tra aprile e agosto 2023, quando il prezzo medio ha raggiunto 1,76 euro al chilo, con città come Cagliari che hanno visto prezzi massimi di 4,7 euro al chilo. Nel 2024 i prezzi sono leggermente scesi, attestandosi a 1,62 euro al chilo, ma restano comunque più alti del 23% rispetto al 2021. Le promozioni nei supermercati, con risparmi medi del 20%, e l’aumento degli acquisti nei discount, con risparmi fino al 37%, hanno aiutato i consumatori a contenere la spesa. A spingere i rincari sono stati il costo del grano duro, cresciuto del 70% tra il 2021 e il 2022, i costi energetici per la produzione e la dipendenza dall’importazione del 40% del grano duro, soprattutto dal Canada.Gli aumenti hanno avuto un impatto significativo sulle famiglie italiane. Nel 2022, il 58% delle famiglie ha ridotto i consumi alimentari, con cali più marcati per carne e pesce, ma anche pane, latte e pasta hanno subito una flessione dell’1,2%.

Quasi la metà dei consumatori ha iniziato a cercare prodotti in offerta o prossimi alla scadenza, e gli acquisti nei discount sono cresciuti dell’11,9%. Le famiglie a reddito medio-basso sono state le più colpite, con 4,5 milioni di italiani che hanno rinunciato a cure mediche per motivi economici, un segnale preoccupante di crescente povertà alimentare. A livello geografico, i prezzi variano: città come Ferrara, Milano e Firenze sono tra le più care per il pane, mentre Napoli e Messina offrono prezzi più contenuti; per la pasta, Cagliari e Sassari registrano i costi più alti, mentre Messina e Siracusa restano più economiche. Guardando al futuro, i prezzi di pane, latte e pasta sembrano essersi stabilizzati nel 2025, ma non sono tornati ai livelli pre-2022. La riduzione dei costi del grano duro, scesi del 15-19% nel 2024, non si è pienamente riflessa sui prezzi al dettaglio, suggerendo che produttori e distributori stiano mantenendo margini più elevati.
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