ROMA – Manuela non si è buttata giù dalla rupe per farla finita. È stata uccisa e ora, dopo 30 anni, la Procura di Cagliari ha scritto un nome nel registro degli indagati, quello del suo ex, Enrico Astero, allora 24enne e oggi 54enne: dovrà rispondere all’accusa di omicidio volontario.
LA BATTAGLIA DELLA FAMIGLIA
Ci sono famiglie che non si arrendono e la verità la cercano anche per 30 anni. Isabella, Anna e Gioele sono le sorelle e il fratello di Manuela Murgia, ritrovata senza vita il 5 febbraio del 1995 in fondo alla gola di Tuvixeddu, a Cagliari. Aveva solo 16 anni. Le indagini di allora liquidarono il caso come suicidio, ma né la famiglia, né i conoscenti della ragazzina hanno mai creduto a questa tesi. Un anno fa i tre fratelli dagli schermi della trasmissione “Chi l’ha visto” chiedevano di riaprire le indagini su quella morte. Avevano raccontato i loro dubbi, a seguito anche della visione degli atti di quella indagine, ottenuti solo a distanza di tanti anni.
IL 4 GIUGNO GLI ESAMI SUI VESTITI DELLA VITTIMA
Il caso è stato così riaperto, dopo essere stato archiviato come suicidio due volte, quando i legali della famiglia avevano depositato una consulenza medico lega. La svolta sarebbe arrivata proprio dal ritrovamento, nei mesi scorsi, dei vestiti della ragazza, ancora integri e sigillati, in un magazzino dell’ospedale universitario di Cagliari, dove all’epoca venne eseguita l’autopsia sul corpo della sedicenne. Su questi vestiti verranno fatti degli accertamenti con le tecniche attuali per verificare la presenza di materiale genetico e biologico. Gli esami sono stati fissati per il prossimo 4 giugno a Roma, presso la Polizia Scientifica. Per la famiglia di Manuela Murgia lavorerà il consulente Emiliano Giardina, genetista, consulente della Procura di Bergamo.
IL COLD CASE
La ragazzina era scomparsa da 24 ore quando, il 5 febbraio del 1995, alla polizia arrivò una telefonata anonima che consentì il ritrovamento del suo corpo senza vita, all’interno del canyon artificiale di Tuvixeddu a Cagliari, necropoli punica. Di Manuela si erano perse le tracce dalla mattina del giorno precedente, quando, dopo una misteriosa telefonata, era uscita di casa ben vestita e truccata, per incontrare qualcuno.
Una vicina di casa la vide salire su un’auto blu, con un uomo non identificato, e allontanarsi da casa. Nessuno più l’ha vista viva. Manuela Murgia era giovanissima, le indagini archiviarono la sua morte come suicidio, ma la famiglia per anni ha tentato di far riaprire le indagini. Solo pochi mesi fa, i legali hanno presentato una nuova istanza allegando la consulenza del medico legale Roberto Demontis in cui si sollevano dubbi sull’ipotesi del suicidio e di una caduta volontaria dalla rupe perché piuttosto le lesioni riscontrate “sarebbero compatibili con l’impatto con un’auto”. Non solo: viene ventilata l’ipotesi che, prima dell’incidente, si sarebbe consumata una violenza sessuale ai danni della ragazzina il cui corpo sarebbe stato poi gettato nel canyon nel tentativo di occultarlo.
(fonte foto di apertura: X)
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