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Cosa significa rifiutare la scheda: la scelta di Meloni per contrastare il referendum


ROMA – È un gesto semplice, ma carico di significato politico: presentarsi al seggio e dire “no, grazie” alla scheda. È quello che farà la presidente del Consiglio Giorgia Meloni l’8 e 9 giugno, in occasione dei cinque referendum abrogativi.

Ha annunciato che andrà a votare, ma non parteciperà alla consultazione. Una formula che può suonare contraddittoria, ma non lo è: è astensione attiva, e serve a colpire al cuore il meccanismo referendario.

IL QUORUM

Nei referendum abrogativi, perché il risultato sia valido, è necessario che alle urne si rechi almeno il 50% + 1 degli aventi diritto. Un traguardo sempre più difficile da raggiungere negli ultimi anni. Chi non ritira la scheda – pur risultando presente al seggio – non viene conteggiato nel quorum. In pratica, è un modo per “esserci senza contribuire”. E sì, è perfettamente legale.

La decisione di Meloni non arriva isolata. È in linea con quella della gran parte della maggioranza di governo, da Ignazio La Russa ad Antonio Tajani, che hanno invitato gli elettori a non dare forza alla consultazione. L’unico partito di centrodestra a dissociarsi è Noi Moderati, che ha scelto la via del “no” su tutti i quesiti.

In assenza di una vera campagna pubblica a favore o contro, il non-ritiro della scheda diventa una forma di boicottaggio strutturato, una strategia di silenzio istituzionale che punta a svuotare la partecipazione.

COME FUNZIONA

Chi si reca al seggio può scegliere di non prendere nessuna scheda, oppure prenderne solo alcune. Il rifiuto può essere verbalizzato dal presidente del seggio, su richiesta dell’elettore. In quel caso, non viene apposto alcun timbro sulla tessera elettorale e la presenza non viene conteggiata ai fini della validità del voto.

Chi invece prende la scheda e la lascia in bianco o la annulla, verrà comunque considerato “votante”. Quindi, anche una scheda nulla contribuisce al raggiungimento del quorum.

La scelta di non ritirare la scheda è un atto politico, non una dimenticanza. È il segnale di una maggioranza che non intende legittimare l’uso del referendum come strumento di opposizione. Ma è anche il sintomo di una partecipazione che, negli anni, si è fatta più fragile, più intermittente.

Nel gioco dei numeri, il risultato sarà tutto nelle percentuali. E in un Paese in cui sempre meno elettori si sentono coinvolti, anche un gesto di rifiuto può avere un peso decisivo.
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