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Due milioni di anni fa i bambini crescevano più in fretta: lo studio di Unifi-Ateneo di Toulouse


FIRENZE – Non esistevano smartphone e social, né ChatGPT, ma due milioni di anni fa i bambini crescevano più in fretta di oggi. La tesi si evince da un articolo pubblicato su Nature Communications che presenta lo studio di tre fossili di neonati del genere Homo ritrovati in Sudafrica e in Etiopia e risalenti, appunto, a circa 2 milioni di anni fa. Il lavoro lo firmano Jacopo Moggi Cecchi, docente di antropologia all’Università di Firenze, e José Braga dell’Ateneo di Toulouse.

LA VERITÀ DAI FOSSILI DI HOMO HABILIS E HOMO ERECTUS

I reperti, si spiega dall’Unifi, consistono in una mascella e due mandibole di bimbi molto piccoli, poco più che neonati. Resti “di grande valore per comprendere come si sviluppavano i primi esseri umani”, visto che i fossili delle più antiche specie del genere Homo (Homo habilis e Homo erectus) sono soprattutto reperti di individui adulti, mentre sono completamente mancanti quelli di neonati e infantili. Per uno di questi reperti, la porzione di mascella, è stata determinata l’età biologica alla morte, stimata a circa 6 mesi grazie allo studio della struttura interna dello smalto dentario, che si forma mantenendo delle tracce del suo sviluppo in maniera simile agli anelli di accrescimento degli alberi (l’analisi è stata possibile tramite l’impiego di microtomografie a luce di sincrotrone effettuate nella European synchrotron radiation facility di Grenoble).

IL ‘PESO’ DEL CERVELLO SUI TEMPI DI SVILUPPO

Oggi “i cuccioli umani crescono lentamente, in parte perché il nostro cervello è molto grande in proporzione al corpo”, spiega Moggi Cecchi. I risultati dello studio, invece, “indicano che i tempi di sviluppo di questi piccoli erano ancora relativamente rapidi e che quindi l’acquisizione di tempi di sviluppo prolungati deve essersi originata in tempi molto più recenti nel corso dell’evoluzione umana”. Inoltre, prosegue Moggi Cecchi, “l’analisi dettagliata della morfologia craniofacciale e dentaria ha mostrato delle differenze tra la mandibola rinvenuta in Etiopia attribuita a Homo habilis e i reperti sudafricani, attribuiti a una specie affine a Homo erectus. L’esistenza di queste differenze morfologiche suggerisce che la diversità tassonomica fra queste due specie del genere Homo fosse già evidente nell’infanzia”.
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