PALERMO – Nuovo colpo dei carabinieri del Comando provinciale di Palermo al mandamento mafioso di Porta Nuova, uno dei più potenti e storici del capoluogo siciliano. I militari hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare, decisa dal gip, nei confronti di 16 indagati, mentre per altri 13 sono scattati gli obblighi di dimora e di firma. L’indagine, coordinata dalla Dda di Palermo e condotta dal nucleo investigativo di Palermo tra il 2023 e il 2025, è denominata ‘Grande Inverno 2’. Si tratta, infatti, del prosieguo dell’indagine ‘Grande Inverno’ sfociata a febbraio nel maxi blitz che portò in cella 181 persone appartenenti ai clan di San Lorenzo, Cruillas, Porta Nuova e Santa Maria di Gesù, ma anche a quelli di Bagheria, Carini e Terrasini. Questi alcuni dei reati contestati, a vario titolo: associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di droga, estorsioni ed esercizio abusivo del gioco d’azzardo. Contestati anche reati contro la persona, contro il patrimonio e in materia di armi, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose.
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L’indagine ‘Grande Inverno 2’, “ha confermato, il ruolo centrale riconquistato da parte dei mandamenti cittadini rispetto a quelli della provincia, nell’ambito delle dinamiche criminali”. Lo sottolineano i carabinieri del Comando provinciale che hanno portato a termine l’operazione. Tra le attività criminali più remunerative per l’organizzazione criminale “emerge ancora una volta il traffico di stupefacenti che – dicono i militari – oltre a garantire importanti proventi da reinvestire o da utilizzare per il sostentamento di affiliati e famiglie dei detenuti, consente all’organizzazione, attraverso il controllo delle piazze di spaccio, di esercitare una pressante azione di controllo del territorio”. I pusher, secondo quanto ricostruito, possono approvvigionarsi dal canale autorizzato e controllato dal mandamento di riferimento oppure utilizzarne un altro, pagando all’organizzazione mafiosa una “tassa”.
La mancata osservanza di queste direttive viene punita dai boss mafiosi anche con violente ritorsioni. Il gioco digitale, al pari del traffico di stupefacenti, rappresenta “una delle attività più remunerative dell’organizzazione” che, oltre al controllo del territorio attraverso l’imposizione mafiosa dei ‘pannelli di gioco’, può contare su “importanti introiti che consentono di rimpinguare le casse”. È emerso, infine, come i clan, in linea con quanto registrato sugli altri mandamenti cittadini, può contare su “una buona disponibilità di armi da fuoco”, non limitandosi solo a detenerle: in alcuni casi, infatti, sono stati registrati episodi di cessione e vendita. Cosa nostra, inoltre, sembra “non disdegnare” l’uso della forza per la risoluzione dei problemi interni: documentai dai carabinieri numerosi pestaggi violenti.
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