ROMA – Donald Trump torna a colpire sull’immigrazione. Con un nuovo ordine esecutivo firmato mercoledì e in vigore da lunedì prossimo, il presidente degli Stati Uniti ha reintrodotto il divieto di viaggio da 12 Paesi, in gran parte africani e mediorientali, evocando le misure del suo primo mandato che avevano infiammato l’opinione pubblica e scatenato battaglie legali.
Afghanistan, Myanmar, Ciad, Repubblica del Congo, Guinea Equatoriale, Eritrea, Haiti, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen sono i Paesi i cui cittadini non potranno più entrare negli Stati Uniti. A questi si aggiungono sette Stati soggetti a restrizioni parziali, i cui cittadini non potranno ottenere visti permanenti né temporanei per turismo o studio: Burundi, Cuba, Laos, Sierra Leone, Togo, Turkmenistan e Venezuela.Il contesto è teso: pochi giorni prima, a Boulder in Colorado, un cittadino egiziano è stato arrestato per un attacco a un gruppo che commemorava gli ostaggi a Gaza. Un episodio che l’amministrazione Trump ha immediatamente usato per rafforzare i controlli in entrata.”Non vogliamo stranieri non controllati e visitatori che rimangono oltre il permesso. Il recente attacco terroristico dimostra i pericoli reali”, ha dichiarato Trump in un videomessaggio. L’Egitto, però, non compare nella lista dei Paesi colpiti dal ban.
Questa volta il divieto pare confezionato con maggiore attenzione giuridica. “Hanno imparato dai tre cicli di contenziosi precedenti”, ha osservato Stephen Vladeck, professore alla Georgetown Law, al New York Times. L’inclusione di una valutazione preventiva da parte del Dipartimento di Stato e un ventaglio più ampio e diversificato di Paesi coinvolti rendono il provvedimento meno vulnerabile, secondo gli esperti.Le esenzioni previste riguardano chi possiede già un visto valido, i titolari di green card, gli sportivi in viaggio per eventi internazionali e alcuni afghani che hanno collaborato con le forze USA.Durante il suo primo mandato, Trump aveva già imposto un travel ban simile, più volte respinto dai tribunali prima di essere approvato in forma rimaneggiata dalla Corte Suprema. Le immagini di aeroporti nel caos e le proteste di massa fecero il giro del mondo.Joe Biden aveva poi revocato quel divieto nel 2021, definendolo «una macchia sulla coscienza nazionale». Ma Trump è tornato alla carica già a gennaio, ordinando una revisione globale dei controlli nei Paesi ritenuti a rischio. Il nuovo decreto è il risultato di quella direttiva. Il linguaggio è lo stesso di allora. Il bersaglio, ancora una volta, è l’immigrazione dai Paesi a maggioranza musulmana. “Non permetteremo che ciò che è accaduto in Europa accada anche qui”, ha concluso Trump.
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