ROMA – La madre di uno tra i principali detenuti politici egiziani domani entra nel 250esimo giorno di sciopero della fame, e lo trascorrerà in ospedale. Laila Soueif, docente di matematica di 69 anni, non assume cibo da quando, a settembre, le autorità egiziane si sono rifiutate di rilasciare il figlio Alaa Abdel Fattah, detenuto al Cairo, sebbene avesse terminato di scontare la sua condanna.
Ogni giorno la madre di Abdel Fattah ha manifestato per un’ora davanti il civico 10 di Downing Street, per esortare il primo ministro Keir Starmer ha fare pressioni sull’Egitto affinché rilasci il figlio. Ad oggi, il premier ha contattato due volte il governo del Cairo, senza risultati. “Il mio messaggio è: usate la mia morte come leva per far uscire Alaa. Non lasciate che la mia morte sia vana” ha detto dalla sua stanza di ospedale la docente, che da giovedì scorso è ricoverata al St Thomas’ hospital di Londra, a causa del deterioramento delle sue condizioni di saluteI suoi livelli di glicemia sono pericolosamente bassi, come racconta la figlia Mona Seif su Facebook: in un lungo post descrive le condizioni della madre, decisa a non interrompere la protesta. “Quando è entrata- scrive la sorella di Alaa- riusciva a stare dritta e a cambiare posizione nel letto. Ora, senza l’aiuto di qualcuno, le è impossibile. Ha già perso l’equilibro ed è caduta due volte, una volta ha sbattuto la testa ma grazie a Dio non è successo nulla di grave”.
CHI È ALAA ABDEL FATTAH E PERCHÈ SI TROVA IN CARCERE
Alaa Abdel Fattah è un blogger, scrittore e attivista politico con doppia nazionalità egiziana e britannica. È ritenuto tra le voci più influenti che hanno accompagnato la rivoluzione popolare pro-democrazia del 2011 che, attraverso proteste pacifiche, ha portato alla fine del governo del presidente Hosni Mubarak.Nel 2019, sull’onda di nuove proteste, stavolta contro il presidente Abdelfattah Al-Sisi, è stato arrestato e nel 2021 condannato a cinque anni di reclusione per “diffusione di false notizie e minaccia alla sicurezza nazionale”. Varie organizzazioni come Amnesty International hanno definito la condanna politicamente motivata.A fine maggio, il Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria delle Nazioni Unite, dopo 18 mesi di indagini, ha concluso che le accuse sono prive di fondamento e che quindi la sua detenzione è illegale. Lo scrittore, si legge nel report, “ha solo espresso le proprie idee” e per questo ne viene chiesto alle autorità “il rilascio immediato”, insieme a un “risarcimento”.Organismi per i diritti umani avvertono che in Egitto decine di migliaia di persone sono tenute in carcere per reati politici e di coscienza, a causa di “accuse fabbricate” e una legge sull’anti-terrorismo che secondo gli esperti, imbavaglia il dissenso e i media.
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