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VIDEO| Garlasco, “Marco Poggi coinvolto? Più verosimile che Chiara avesse un unicorno…”


ROMA- Dell’inchiesta ‘Garlasco bis’ si sa poco o nulla, mentre cresce il chiacchiericcio mediatico, tanto da colpire una famiglia già distrutta: a prendere la parola sulla riapertura delle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi questa volta è Roberta Bruzzone, criminologa investigativa e psicologa Forense, volto noto delle trasmissioni tv sul crime-gossip. Ma Bruzzone è molto di più, con un curriculum da consulente di alcuni dei casi di cronaca nera italiani più eclatanti: dal delitto di Avetrana, alla Strage di Erba fino al caso Pierina Paganelli di Rimini, per cui segue le sorti di Louis Dassilva, unico indagato.

“DI QUESTA INCHIESTA NON ABBIAMO E NON SAPPIAMO NIENTE”

Nei suoi interventi televisivi e sui suoi profili social, Bruzzone ha sempre mantenuto un basso profilo sulla riapertura delle indagini del caso di Garlasco, allo stesso tempo non ha mai messo in dubbio il lavoro compiuto dai Carabinieri del Ris in passato che hanno contribuito alla condanna di Alberto Stasi. E dalla trasmissione Ore 14 di Mino Infante di ieri l’esperta ha spiegato il perché della sua posizione: mentre tutti parlano di tutto, il realtà quello che si sa delle nuove indagini è davvero ‘poca cosa’. Anzi, sulla base dei nuovi indizi che, a quanto pare, sono al centro delle nuove indagini, non si aspetta grandi stravolgimenti. “Di questa inchiesta cosa sappiamo?- ripercorre infatti la criminologa- Il dato del famoso dna sublinguale (Ndr: il dna trovato nelle unghie della vittima, da comparare a quello di Sempio, il nuovo indagato) che ha avuto scarso esito nel processo appello bis, quando si decise di non usarlo”. Tanto che ” oggi quel dato non cambierà- si dice convinta Bruzzone- perché dei tre tracciati uno è nullo ed il resto è materiale residuale scarso e difficilmente porterà a dei risultati”.

“L’IMPUTAZIONE DI CONCORSO IN OMICIDIO? TROPPO GENERICA”

Poi “c’è l’impronta allora non attribuita e oggi trattata con ‘photoshop'”, prosegue riferendosi alla ‘famosa’ impronta n.33 rinvenuta sulla parete delle scale della cantina, vicina a dove fu trovato il corpo di Chiara Poggi. “Oggi come foto digitale diventa comparabile, secondo la procura, all’impronta di Sempio, anche se siamo un po’ borderline come elementi di comparazione”, sostiene l’esperta. Dna e impronta a parte “poi cos’altro abbiamo di questa inchiesta, a parte il chiacchiericcio mediatico che io chiamo cloaca?”, si interroga Bruzzone. “Non abbiamo e non sappiamo niente- si risponde- abbiamo una ipotesi di imputazione assai generica che collocherebbe Sempio in concorso con Stasi o con ignoti- aggiunge- ancora una situazione che definire generica è un eufemismo”.

“INVEROSIBILE L’IPOTESI DI UN COINVOLGIMENTO DI MARCO POGGI”

Quindi Bruzzone tira in ballo un’ipotesi saltata fuori così, dal nulla, tra un blog e un podcast, rilanciata dal megafono di Fabrizio Corona e persino avvallata, in maniera indiretta- dal legale di Andrea Sempio, nuovo indagato, l’avvocato Massimo Lovati in diverse interviste. “Su Marco (Ndr: Poggi, il fratello di Chiara) addirittura- spiega indignata la criminologa- c’è un grosso seguito che ipotizza che il giorno del delitto lui sia tornato dal Trentino, dove era in vacanza con i genitori, apposta per assassinare la sorella e per poi ripartire e per questo Sempio lo cercava e lì, perché avevano in mente insieme di commettere questo delitto”. Una ipotesi cui Bruzzone non crede nel modo più assoluto: “Siamo al delirio più totale- manda infatti a dire- è più verosimile che Chiara avesse un unicorno che gli abbia rubato il cellulare.. siamo a questo livello”.

COSA AVEVA DETTO LOVATI?

In dettaglio, Lovati, rispondendo alle domande di un cronista, sulle tre telefonate che il suo assistito avrebbe fatto a casa Poggi la mattina dell’omicidio di Chiara, sul perché Sempio avesse chiamato con insistenza, pur sapendo che l’amico era in vacanza con i genitori, aveva dato questa risposta sibillina: “Se io le telefono è perché voglio parlare con lei e Marco non era a New York o in India o in Cina, quei ragazzi lì vanno e vengono e lui cercava Marco, se no, cosa l’aveva chiamato a fare?”. Forse per parlare con Chiara, azzarda il giornalista. Il legale si lascia sfuggire uno scettico “mah” e scuote la testa.

LO SDEGNO DELLA MADRE DI CHIARA POGGI

Tanto basta per portare alle accuse dirette nei confronti di Marco Poggi- a cui si riferisce Bruzzone- uno dei motivi per cui i genitori nei giorni scorsi si sono visti ‘costretti’ ad uscire di casa per parlare con i cronisti ormai fissi fuori dal cancello e difendersi. “Vogliono a tutti i costi tirare in ballo Marco. C’è chi vede con sospetto perfino il suo silenzio”, aveva detto la mamma, Rita Preda, al Corriere della Sera.

“INTOLLERABILE MACELLERIA NEI CONFRONTI DELLA FAMIGLIA”

Ma a indispettire l’esperta Bruzzone così non è solo il fatto che si sollevino ipotesi senza fondamento: “È’ l’aspetto di macelleria mosso nei confronti della famiglia che è intollerabile”, manda a dire. Per porre fine a tutto ciò “mi auguro la procura acceleri il suo passo- prosegue- da 5 anni l’inchiesta va avanti e ne abbiamo saputo qualcosa solo negli ultimi mesi e mi auguro in 5 anni gli elementi raccolti debbano essere un po’ più maturi dei due di cui abbiamo contezza”.

“BASTA SPECULAZIONI”

Per cui, “se c’è altro noi non lo sappiamo”. E in questo limbo, “il fatto di non sapere nulla purtroppo autorizza milioni di soggetti senza arte né parte- conclude- a speculare su una famiglia che ha sofferto in maniera indicibile, incommensurabile e inimmaginabile e che oggi ha bisogno di tutto tranne che di questa macelleria”.

Visualizza questo post su Instagram Un post condiviso da Roberta Bruzzone (@rob_wildside)

Tra i tasselli mancanti nella ricostruzione del delitto di Chiara Poggi, la 26enne uccisa a Garlasco nel 2007, c’è anche quello dell’arma del delitto. Non la trovarono nella primissima inchiesta, che ha portato alla condanna in via definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di carcere, e non la trovano ora, nel nuovo filone di indagini che vede come unico indagato Andrea Sempio. Se ne è discusso a Ore 14, il programma di cronaca condotto da Milo Infante. Ospite in collegamento, la criminologa Roberta Bruzzone ha espresso il suo parere ed escluso subito che l’oggetto con cui Chiara è stata uccisa fosse la mazzetta da muratore. 

Il secondo martello che state mostrando potrebbe essere compatibile anche con la lesione che Chiara ha sulla parte della fronte, che è comunque una lesione sia penetrante che contundente”, ha spiegato Bruzzone, facendo perno sulla morfologia della lesività e ipotizzando l’uso di “un singolo oggetto”. Un martello che, secondo la criminologa, l’assassino “avrebbe utilizzato per i due versi, per la parte più tagliente e per la parte piatta”. Quanto all’attizzatoio da camino, di cui tanto si è discusso nelle scorse settimane, l’esperta è stata chiara: “Non mi pare compatibile con la lesività riscontrata”. 
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