ROMA – Formazione professionale e quindi creazione di posti di lavoro per i giovani del Mali, per far sì che emigrare non sia più un obbligo per sfuggire a fame e mancanza di futuro, ma una scelta da ponderare e costruire con serenità: è questo l’obiettivo di ‘Cooperazione circolare’, l’ultimo progetto targato associazione Don Bosco 2000 che, dopo Senegal e Gambia, raggiunge anche la regione di Kayes, nell’ovest del Mali. “Vogliamo essere un deterrente alle migrazioni forzate promuovendo attività generatrici di reddito, in ambito agricolo e avicolo”, assicura la coordinatrice del progetto, Roberta La Cara, nel corso di una conferenza di presentazione che si è svolta a Roma presso l’Istituto della Enciclopedia Italiana. L’iniziativa, di cui l’organismo salesiano è capofila insieme a sette partner tra Mali e Italia, è partita “dalla conoscenza del territorio”, sottolinea la coordinatrice, “per capire e recepire i bisogni reali delle persone”. Il progetto è in partenza prossimamente e coinvolgerà 150 ragazze e ragazzi, individuati come potenziali candidati alla migrazione irregolare; per loro saranno attivati programmi di formazione che si terranno sia in loco che in Italia. Si inizia con percorsi formativi civici e linguistici: anche l’italiano sarà oggetto di studio, “grazie alla partnership con la Fondazione Treccani Cultura”, riferisce La Cara. A seguire, corsi di allevamento di polli, agricoltura, vendita e distribuzione dei prodotti finali, poi alfabetizzazione finanziaria e sicurezza sul lavoro.
Superata questa fase, saranno selezionati 45 beneficiari per i tirocini retribuiti in loco presso orti comunitari e spazi per l’allevamento, per avviare attività economiche autosostenibili. Altri 15 giovani potranno invece raggiungere l’Italia, attraverso i “corridoi lavorativi” in collaborazione con le istituzioni italiane e l’ambasciata del Mali a Roma. “Il nostro obiettivo è rendere i giovani in grado di gestire da soli le attività avviate”, sottolinea in un’intervista con l’agenzia Dire il presidente di Don Bosco 2000, Agostino Sella. La vera sfida è resistere, in un territorio colpito da diverse criticità, tra cui, prosegue Sella, “attacchi terroristici, siccità, lontananza dalle principali vie di comunicazione e mancanza di strade asfaltate”. Gli orti saranno realizzati con tecniche innovative, che prevedono impianti di acquaponica che, in una zona soggetta a siccità e precipitazioni concentrate nella stagione delle piogge, consentiranno di risparmiare il 90% di acqua. In questo, entra in gioco anche la Regione Sicilia, che a Villarosa, in provincia di Enna, “ha messo a disposizione dei beni confiscati alla mafia in cui abbiamo realizzato un impianto di acquaponica” informa il presidente, che aggiunge: “I giovani maliani selezionati, una volta completata la formazione, potranno partecipare a tirocini all’interno di questa struttura tramite i corridoi lavorativi”. Il termine “circolare” che caratterizza il nome del progetto fa riferimento al fatto che all’iniziativa collaborano attivamente i migranti già arrivati in Italia, che potranno dare il loro contributo anche agli incontri che, parallelamente, verrano organizzati a Kayes per sensibilizzare sui rischi dell’immigrazione irregolare verso l’Europa, fornendo una corretta informazione.
“Quando sono partito nel 2012, non potevo immaginare a cosa andavo incontro”, testimonia Ali Traoré, “cooperante circolare” e responsabile del desk Mali per Don Bosco 2000. “Per questo ho deciso che fosse importante informare i ragazzi di cosa rischiano quando attraversano il deserto o il mar Mediterraneo. Lì finiscono tante vite e nessuno ne sa nulla, soprattutto in Libia. Tuttavia”, evidenzia il cooperante, “quando dici alle persone di non partire, cosa gli lasci? Per questo lavoro ai progetti di Don Bosco 2000”. Traoré, intanto, sta concludendo gli studi universitari all’Università di Messina. D’altronde, “la partenza di giovani è tra le nostre più grandi preoccupazioni, in Mali, come nel resto dell’Africa, perché ci fa perdere tanto, e in tanti ambiti”, lamenta Gaoussou Bathily, consigliere dell’ambasciata del Mali a Roma, anche lui tra i relatori della conferenza che si è svolta a Roma. Sebbene emigrare sia “da sempre parte della cultura dei maliani”, Bathily evidenzia come negli ultimi 15 anni stiano aumentando le partenze irregolari verso l’Europa, interessando soprattuto giovani tra i 20 e i 30 anni. Il consigliere punta il dito contro “conflitti e crisi” ma anche contro “quei Paesi, anche europei, che le alimentano per sfruttare più facilmente le nostre risorse naturali. Finché non si porrà fine a questa dinamica”, avverte il diplomatico, “le migrazioni non avranno fine”. Proprio nell’ottica di restituire risorse ai Paesi da cui partono le migrazioni, il dipartimento Libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno pubblica dei bandi per progetti di cooperazione allo sviluppo – analoghi a quelli della cooperazione italiana – mettendo a disposizione i fondi raccolti anche tramite le imposte che i cittadini stranieri versano per ottenere la cittadinanza italiana. “Non intendiamo bloccare le migrazioni- riferisce Chiara Impagliazzo, dell’ufficio Relazioni internazionali del dipartimento- bensì creare opportunità, evitando che i principali Paesi da cui arrivano gli stranieri in Italia continuino a perdere giovani”.
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