ROMA – La miccia l’ha accesa Donald Trump, ma la California non ha intenzione di restare in silenzio. Il governatore Gavin Newsom ha annunciato una causa contro la decisione del presidente di mandare la Guardia Nazionale a Los Angeles, aggirando i poteri statali per reprimere le proteste legate alla politica sull’immigrazione. Lo scontro istituzionale è esploso mentre la città vive il quarto giorno consecutivo di tensioni tra manifestanti e forze dell’ordine.
Circa 150 gli arresti registrati da venerdì: scene da guerriglia urbana con lacrimogeni, scooter lanciati, fuochi d’artificio e sassaiole contro le auto della polizia. La città è diventata l’epicentro della contestazione alla linea dura di Washington, un punto caldo che simboleggia la frattura tra Casa Bianca e amministrazioni locali.Nel weekend, Trump ha giocato la carta pesante: 2.000 soldati della Guardia Nazionale richiamati in servizio, bypassando l’autorità del democratico Newsom, che ha reagito con toni tutt’altro che concilianti. Mentre lo scontro si allarga su scala nazionale – sono attese manifestazioni in oltre una dozzina di città, inclusa Sacramento, dove i sindacati si mobilitano dopo l’arresto di un leader – la California prepara le sue contromosse legali. Lunedì, scatterà l’azione formale contro la decisione della Casa Bianca.Sul campo, la tensione resta palpabile, anche se domenica i militari hanno in gran parte evitato il contatto diretto con i manifestanti, lasciando che la metropoli, per quanto possibile, ritrovasse un’apparenza di normalità.
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