ROMA – Provare preoccupazione prima di un esame è fisiologico. Ma tra i maturandi di oggi ansia, stress, senso di inadeguatezza hanno raggiunto in molti casi livelli patologici e altamente tossici. A delineare il quadro psicologico con cui i maturandi si affacciano all’esame è un’indagine del portale Skuola.net – svolta in collaborazione con gli psicologi e psicoterapeuti dell’Associazione Nazionale ‘Di.Te.’ (Dipendenze tecnologiche, GAP, Cyberbullismo) – su un campione di circa 700 maturandi prossimi alle prove.La ricerca ha infatti evidenziato che per più di 6 maturandi su 10 l’esame alle porte sta scatenando un cocktail di emozioni negative, che ragazze e ragazzi faticano a gestire, trovando soprattutto nello smartphone la valvola principale di sfogo.
Secondo Giuseppe Lavenia, psicologo e presidente dell’Associazione Di.Te. “i segnali che stiamo ricevendo sul campo e l’analisi dei dati di questa ricerca ci portano a concludere che l’esame oggi viene vissuto come uno spartiacque identitario più che scolastico: non fa solo paura, mette in discussione il senso del proprio valore”.
LE FEMMINE PIÙ IN ANSIA DEI MASCHI
Con una forte differenza tra approccio maschile e femminile, fa notare Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net: “Come direbbero loro stessi, i ragazzi si mostrano apparentemente più nel chill – ovvero in uno stato mentale rilassato – rispetto alle ragazze: analizzando il quadro delle emozioni più diffuse in questo periodo, a prevalere è l’ansia (38,3% femmine – 25,9% maschi), seguita da un forte desiderio di fuga (23,8% donne – 17% uomini) mentre tranquillità e piacere sono il fanalino di coda tra gli stati d’animo femminili, ma in quelli maschili riescono, quasi, a pareggiare i conti con il desiderio di fuga”.Un quadro che si rispecchia, anche se con differenze meno marcate, andando ad esaminare i singoli aspetti separatamente. Il livello di ansia è giudicato elevatissimo dal 33,9% delle ragazze e dal 29,6% dei ragazzi. Anche sul fronte stress da esame, il 17,5% maschi e solo il 7,5% delle donne denunciano l’assoluta assenza di pressione percepita.
ANCHE GLI SMARTPHONE SONO FONTE DI STRESS
Ma dietro questa maschera di maggiore o apparente serenità, potrebbe celarsi un malessere più profondo che porta a cercare la fuga nel mondo digitale, soprattutto attraverso lo schermo di uno smartphone. L’aumento significativo del tempo speso su questi device in questo periodo è più marcato tra i maschi (64,1%) che tra le femmine (38,8%): inutile stare a spiegare perché il 69,1% dei primi e “solo” il 49,9% delle seconde denunci un calo della propria capacità di concentrarsi. Vien da sé.Ma non è l’unica conseguenza negativa: il 56,5% dei ragazzi e solo il 24,3% delle ragazze dichiara che lo smartphone lo fa sentire sotto pressione, come se non si potesse mai staccare.
CHAT GPT: UN AIUTO O UNO STRESS?
Un chiaro segnale che qualcosa non va, anche perché attraverso lo smartphone si accede anche ad un altro mondo ormai divenuto irrinunciabile: quello delle intelligenze artificiali generative, ormai compagne di studio per 7 maturandi su 10. Qui, forse sorprendentemente, tra le donne vi sono più utenti abituali rispetto agli uomini (37,5% vs 30,0%). Mentre sull’utilizzo sporadico la situazione si inverte (58,2% vs. 29,2%).Con effetti, tuttavia, diametralmente opposti: se il 51,6% delle ragazze si sente più sicura e solo il 31,8% confusa, perché non sempre si può fidare degli output, dall’altra sponda la situazione è diametralmente opposta, con la confidenza che scende al 33,7% e la sfiducia che sale al 61,5%. Tutto questo avviene, probabilmente, perché gli uomini tendono a delegare eccessivamente in misura maggiore rispetto alle donne (38,0% vs 18,6%) e non a considerare l’IA solo come uno strumento di supporto (13,9% vs 34,9%). Così non c’è da stupirsi che il 79,7% dei primi e il 55,4% delle seconde riportino confusione, senso di colpa o inadeguatezza connessi con l’uso degli assistenti virtuali.
“In questo quadro c’è una ulteriore cattiva notizia, seppur in miglioramento rispetto al passato: il 12,5% dei ragazzi e il 32,7% delle ragazze non riesce a pensare e immaginare il futuro dopo il diploma. Decisamente meglio rispetto al post-pandemia in cui aveva raggiunto percentuali drammatiche ma di sicuro un campanello d’allarme ancora acceso”, conclude Grassucci. “Non è l’intelligenza artificiale il problema. È l’insicurezza emotiva che l’accompagna.I ragazzi si affidano all’IA non perché non sanno. Ci si affidano perché non si fidano di loro stessi. Questo è il vero banco di prova: non l’esame scritto, ma la capacità di restare umani in un mondo che offre scorciatoie. E per farlo, hanno bisogno di adulti che non offrano solo risposte, ma li aiutino a reggere le domande”, conclude Lavenia.
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