ROMA – “La città di Goma è al cuore del conflitto, è la sua capitale; ed è anzitutto qui che c’è bisogno di aiuto”: a parlare con l’agenzia Dire è padre Pierre Kamani Lokeleka, direttore della Caritas locale, nell’est della Repubblica democratica del Congo, una regione ostaggio di un conflitto armato tornato ad accendersi nel 2025.
L'”abbé” è arrivato a Roma nel fine-settimana per la beatificazione di Floribert Bwana Chui, responsabile della Comunità di Sant’Egidio e doganiere assassinato nel 2007 proprio a Goma: si era rifiutato di far passare carichi di cibo avariato, proteggendo così la salute dei suoi concittadini. Oggi il direttore di Caritas è nella sede di Focsiv, la Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana. Parla di nuove possibili collaborazioni. Al suo fianco c’è Juvénal Munubo Mubi, avvocato ed ex parlamentare, ora presidente dell’organizzazione della società civile Sos Walikale: tra questa cittadina e Goma, entrambe nella provincia congolese del Nord Kivu, passa la linea del fronte.
Di cosa significhi nel concreto il conflitto lo spiegano insieme. “L’aeroporto resta chiuso”, sottolinea padre Lokeleka, “le banche non funzionano e soprattutto le scuole sono state abbandonate, anche perché gli insegnanti non riescono più a ricevere lo stipendio dallo Stato”. Dalla fine di gennaio, Goma è in una zona sotto il controllo del gruppo ribelle Mouvement 23 mars (M23). E il presidente di Sos Walikale parla di giovani, che spesso non sono studenti come dovrebbe essere ma invece minatori o ragazzi soldato. “Nella nostra zona ci sono più di 100mila persone sfollate” denuncia. “Capita che nei centri sanitari manchino anche le cose più banali: si può morire di malaria, mentre ragazzini di 14 o 15 anni lavorano in miniera e rischiano di essere arruolati”.A Walikale c’è una frase che ritorna. “Nous allons à chercher la vie”, proviamo a sopravvivere in qualche modo. La cittadina si trova a circa 230 chilometri a ovest di Goma, in una zona ricca di minerali: la ricchezza e allo stesso tempo la maledizione del Congo, un Paese strategico anche per l’industria elettronica grazie ai suoi giacimenti di coltan e cobalto. Ci sono poi oro e cassiterite: il tesoro che alimenta il conflitto, la posta in gioco di offensive e negoziati di pace.
Secondo Mubi, più delle trattative che si sono tenute nelle ultime settimane negli Stati Uniti o in Qatar fanno sperare i tentativi di dialogo promossi dalla società civile. Il riferimento è anche a un patto sottoscritto dalla Chiesa cattolica con quella protestante: l’obiettivo è favorire la pace, partendo dal basso, con i giovani, le donne, le comunità. “Il governo congolese del presidente Felix Tshisekedi non ha ancora espresso il proprio appoggio ma siamo fiduciosi” evidenzia padre Lokeleka: “Sarebbe un segnale importante”.
Il punto è in evidenza nella sede di Focsiv. Secondo Ivana Borsotto, la presidente della Federazione, “il patto di convivenza per la pace firmato da cattolici e protestanti nella Repubblica democratica del Congo è un esempio concreto e potente di responsabilità collettiva e di diplomazia popolare, capace di generare speranza in un contesto segnato da conflitti e profonde sofferenze”. Il valore del dialogo interreligioso è condiviso dalle organizzazioni socie di Focsiv oggi impegnate in progetti di cooperazione nel Paese. In diverse, da Sorriso dei popoli a Progettomondo, dalla Fondazione marista per la solidarietà internazionale a Cope, da Coe ad Amici dei popoli, ascoltano in video-collegamento, dalla Sicilia come dal Veneto, le testimonianze “dal cuore del conflitto”.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it