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Cos’è il servizio civile universale? Si lavora sia in Italia che all’estero


ROMA – Lavorare in Italia o all’estero, mettendosi a disposizione di attività che coniugano il sostegno alle comunità con la formazione personale e, perché no, il mettersi in gioco su ambiti nuovi, tutti da esplorare, alla ricerca di “nuove vocazioni”.

È questo il senso del servizio civile universale, un’iniziativa annuale promossa dal 2001 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e raccolta da diversi organismi della società civile tra cui, dal 2003, anche dal Vis, il Volontariato internazionale per lo sviluppo. Questo organismo salesiano realizza programmi di cooperazione in vari Paesi del mondo.

La responsabile dei volontari Vis, Valentina Barbieri, all’agenzia Dire spiega: “Il giovane selezionato diventa operatore volontario e, quindi, il centro dell’anno di servizio. Il nostro compito è orientarli, accompagnarli e formarli, inserendoli in un processo che permetta a ragazze e ragazzi di scoprire tutte quelle potenzialità e passioni che magari non sapevano di possedere, all’interno del mondo della cooperazione. Così, ricevono tutti gli strumenti e le competenze necessarie a lavorare in questo ambito, se in futuro lo vorranno”.

Il lavoro di accompagnamento comincia l’anno precedente, “quando iniziamo a scrivere i progetti per il bando, dopodiché- prosegue Barbieri- personalizziamo il progetto sui singoli ragazzi e ragazze selezionate, in modo che ognuno abbia il proprio, declinato su attitudini, competenze e desideri specifici”.

Il giovane può arrivare da qualsiasi percorso di studi o professionale. La legge fissa a 28 anni il limite per candidarsi. Nell’esperienza del Vis, “arrivano da noi in particolare studenti o laureandi in relazioni internazionali, cooperazione, lingue e mediazione culturale, scienze politiche, giurisprudenza ed economia, oppure giovani che guardano a professioni in ambito sociale – come educatori, psicologi, operatori – ma a volte ci siamo imbattuti anche in qualche ingegnere”.

Il Vis propone attività sia in Italia che all’estero. Per l’anno 2025-2026 in particolare, i beneficiari potranno essere presi in carico dal Vis presso i progetti che realizza in quattro Paesi, Albania, Angola, Etiopia e Ghana, nell’ambito di una programmazione più ampia. Ai giovani “proponiamo lavoro sia in ufficio che sul campo, nel rispetto delle condizioni di sicurezza”.

Si parte dall’Albania, il più prossimo all’Italia. Riferisce Barbieri: “Lavoriamo sul turismo sostenibile e l’empowerment delle comunità nella valorizzazione del territorio turistico in due regioni nel nord, che comprende il lago di Scutari e le Alpi Dinariche, un territorio molto bello dal punto di vista naturalistico. In partnership con enti locali e, in alcuni casi, con la Cooperazione italiana, facciamo in modo che le comunità locali e le municipalità si facciano carico di questa potenzialità promuovendo percorsi di turismo sostenibile”, tra cui “la creazione di guest-house gestite da giovani”.

In Africa, invece, si parte dal Ghana: “Qui ci occupiamo di gruppi vulnerabili nel mondo del lavoro, tra cui migranti di ritorno, stranieri arrivati come migranti o giovani ghanesi candidati alle migrazioni, per dargli un’alternativa a viaggi rischiosi, affinché possano fare scelte consapevoli di riqualificazione professionale; creiamo contatti con le imprese per degli stage e posizioni d’impiego. Da un anno- continua- collaboriamo con Confindustria Adriatica per la formazione di operai tecnici in ambito della saldatura e con le imprese del Nord-Est interessate ad assumere quelle figure che in Italia non trovano”.

Quanto all’Angola, “ci occupiamo di protezione dell’infanzia in situazioni di vulnerabilità e promozione della partecipazione giovanile alla vita della città, quindi cittadinanza attiva e volontariato”, cercando di portare bambini e adolescenti “via dalla vita in strada”. In Etiopia, come in Ghana, “proponiamo percorsi di formazione professionale e inserimento nel lavoro, con un taglio particolare sull’educazione inclusiva e attenzione alla disabilità”.

Con Valentina Barbieri, infine, torniamo in Italia, dove i giovani del servizio civile “possono essere inseriti nei vari dipartimenti del Vis – progetto, amministrazione, o comunicazione – o in attività di raccolta dati, documentazione di spesa, promozione di eventi”. Ossia, le attività di base per chi lavora all’interno di un’organizzazione della società civile.

Più in generale, “i ragazzi vengono inseriti nei progetti e accompagnati, ma l’obiettivo è riuscire a renderli autonomi nella scrittura dei progetti e nel seguire le diverse attività”. In questi anni, il Vis ha seguito in media una decina di ragazze e ragazzi all’anno, oltre duecento in totale. Tanti coloro che hanno continuato a lavorare in questo settore, “almeno un terzo”, assicura Barbieri, “e capita anche di ritrovarli sul nostro cammino, oppure tornino a lavorare proprio nel Vis”.

Un’esperienza insomma, quella del servizio civile nel mondo della cooperazione, che apre una finestra su mondi, culture e condizioni diverse e spesso molto lontane da quelle di origine. Ciò, conferma la responsabile dei volontari Vis, determina “un forte impatto sulle vite dei giovani, che possono sì, mettersi in gioco in un ambito professionale specifico, all’interno di strutture grandi e organizzate, ma anche con loro stessi: i loro pregi, i loro limiti, le loro potenzialità, a volte anche lati di sé che non sapevano di avere: si torna a casa sicuramente diversi. E’ da provare”, conclude Barbieri.
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