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La ricercatrice iraniana: “Civili preda di bombe e fake news”


ROMA – “A Teheran scuole e università sono chiuse, la gente è nel panico, non esce più di casa ed è bersaglio non solo degli attacchi israeliani ma anche di propaganda e fake news: veniamo a sapere che sui profili Instagram o X delle persone arrivano, presumibilmente dagli israeliani, ordini di evacuazione o messaggi che suggeriscono di evitare certi luoghi. Intanto morti e distruzione sono reali”.

Shirin Zakeri è una ricercatrice iraniana di Storia all’Università Sapienza di Roma e con l’agenzia Dire parla a quasi una settimana dal lancio di attacchi da parte dell’esercito e dell’intelligence israeliana contro obiettivi nucleari e militari, che hanno aperto un nuovo fronte di guerra in Medio Oriente. Circa 1.500 le vittime in Iran, una trentina in Israele.

“Israele non sta risparmiando obiettivi civili”, avverte Zakeri. “Ieri ad esempio l’onda d’urto di un missile ha danneggiato lo studentato dell’Università di Teheran e non è chiaro se ci siano vittime. Stamani è toccato a dei quartieri di Isfaan e Shiraz, a Tabriz un missile è caduto su una stazione della metropolitana, sabato scorso è stato colpito il tratto di un’autostrada e così le auto in fuga da Teheran hanno dovuto usare una strada più stretta e lenta”. Quanto agli “attacchi chirurgici” rivendicati da Tel Aviv per eliminare i vertici militari o gli scienziati nucleari, “è una falsità- commenta la studiosa- perché sicuramente hanno ucciso anche familiari e vicini di quelle persone, tra cui donne e bambini”. Le autorità iraniane non danno stime esatte, neanche sui minori, ma come riporta ancora Zakeri “l’associazione per i diritti dei bambini Hengaw solo ieri ne indicava 19”.

In questi giorni anche il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha intimato ai residenti di lasciare la capitale, ma come continua la storica, “non tutti hanno i mezzi per spostarsi. C’è chi è rimasto in casa da solo, come anziani o famiglie con persone con disabilità. Lo Stato è inesistente, si può contare solo sulla solidarietà della società civile”.

Quella stessa società civile che si sta organizzando per diffondere “vademecum” su come mettersi in salvo dagli attacchi o prestare soccorso: “Sui social media- riferisce ancora la ricercatrice- circolano persino messaggi su come comportarsi se spunta un drone armato davanti la finestra di casa”.

I media iraniani sostengono che nella serata di ieri sia stata anche hackerata la tv di Stato. Sullo schermo, per qualche minuto sono passati video d’archivio delle manifestazioni (che in questi anni sono state organizzate contro la Repubblica islamica al motto ‘Donna vita libertà’) accompagnati dall’invito ai cittadini: “Ribellatevi al regime”, parole già scandite pubblicamente in questi giorni dal primo ministro Benjamin Netanyahu. “Ma se la popolazione viene bombardata e costretta a nascondersi- continua Zakeri- come si può pretendere che manifesti per le strade?”.

D’altra parte, si sono registrati blackout di internet e l’invito delle autorità iraniane a disinstallare applicazioni per lo scambio di messaggi, come Whatsapp e Instagram, con la scusa che sono strumenti con cui Israele localizza le persone da attaccare. Oltre a ciò “circolano anche tante fake news”.

Ad esempio, informa ancora Zakeri, “dopo che la guida suprema Ali Khamenei ha ampliato i poteri per i pasdaran”, le guardie della rivoluzione, “è circolata la notizia di un colpo di Stato; gira anche l’uccisione dell’ex presidente Ahmadinejad oppure il fatto che l’Iran sarebbe in grado di ultimare la bomba atomica entro una settimana. In guerra, la propaganda è un’arma potente”.

E l’Occidente non sarebbe da meno: “Mi stupisce il racconto che in Italia molti media fanno di questa guerra- prosegue l’intervistata- perché, ascoltando telegiornali e dibattiti, emerge l’idea che sia stato l’Iran ad attaccare per primo Israele. Inoltre si parla raramente del vero motivo per cui Tel Aviv ha aggredito l’Iran: sebbene Netanyahu abbia detto subito che intendeva eliminare presunti armamenti nucleari iraniani – sebbene poi ieri il direttore dell’Aiea si aintervenuto per chiarire che Teheran non possiede arsenali atomici – si è passati a dare credito alla tesi secondo cui sarebbe una guerra volta a rovesciare il regime”.

Un racconto distorto che passa anche dalle immagini. Osserva ancora la ricercatrice: “Se ci sono vittime a Tel Aviv, la foto che accompagna la notizia mostra palazzi sventrati, ma se i morti sono iraniani spesso i giornali scelgono di usare un ritratto di Khamenei. Così però si rischia di disumanizzare i cittadini iraniani”.

A livello europeo secondo Zakeri non va meglio: “E’ gravissimo che il cancelliere tedesco Merz abbia detto che Israele sta facendo ‘il lavoro sporco per tutti'”. La ricercatrice della Sapienza ricorda che l’Europa, dopo la firma dell’accordo di non proliferazione nucleare a fini bellici del 2015, aveva ottime relazioni con Teheran: “Per tre anni Berlino, insieme a Francia e Italia, è stato tra i primi investitori”. Poi, quando nel 2018 il presidente Trump stabilì l’uscita unilaterale degli Stati Uniti dall’intesa, “tutto è finito e l’Iran è tornato nell’isolamento internazionale e nella crisi economica”.

Questo, secondo l’esperta, intrappola gli iraniani in una duplice frustrazione: “Soffriamo perché abbiamo familiari e amici in pericolo e assistiamo alla distruzione di luoghi a noi cari, e proviamo rabbia per i nostri governanti che non sono riusciti a evitare tutto questo”.

Va riconosciuto però, secondo Zakeri, che “per la prima volta nella sua storia, la Repubblica islamica aveva accettato di sedersi a un tavolo di dialogo con gli Stati Uniti per riprendere i colloqui sulla deterrenza atomica. Serviva solo del tempo. Ma Israele, e a seguire gli Stati Uniti, hanno distrutto anche quel processo”.

Ora secondo la studiosa, la domanda che attanaglia tutti è: “Quando finirà questa guerra?”, e aggiunge: “Con una popolazione di 90 milioni di abitanti, saranno Turchia, Pakistan e Afghanistan, Iraq e Armenia ad accogliere i rifugiati?” 
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