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La surreale analisi della sconfitta di Sinner, “ferita aperta” nella narrazione tossica dello sport


ROMA – La “ferita aperta”. Lo aspettavano al varco, Jannik Sinner. Al primo inciampo imprevisto era già pronto il copione un po’ melo del trauma irrisolto: ecco qua, Alcaraz ha rotto il “nostro” campione. La finale del Roland Garros mediaticamente non è mai finita, è anzi l’incipit di quasi tutti i pezzi di cronaca che raccontano la sconfitta del numero 1 del mondo sull’erba di Halle. Agli ottavi, nientemeno. Battuto da Bublik, uno raccontato come un clown a chi di tennis sa poco e quel poco gli basta.

Sinner sconfitto è oggettivamente una notizia, per l’irritualità dell’evento, e perché stavolta è caduto non per mano di Alcaraz, suo unico e solo esecutore materiale degli ultimi due anni. Il passaggio successivo – l’analisi psichiatrica della sconfitta – è però un tic patologico, che non bada alle attenuanti generiche.

Sinner arrivava sì provato da quella “maledetta” finale Slam, ma Halle (come il Queen’s) sono tornei di riscaldamento, di avvicinamento all’erba di Wimbledon. Anche Alcaraz a Londra ha rischiato di perdere, contro peraltro un luminare della terra battuta come Munar. E la stessa superficie è tradizionalmente motivo di clamorose sorprese: non c’è niente come l’erba che smentisca i preventivi da ranking.

E poi c’è Bublik. Il kazako “genio e sregolatezza” che aveva battuto a Parigi, sull’erba è un altro giocatore. Un signor giocatore. E’ da un po’ che gioca seriamente, tanto da spingersi fino ai quarti dello Slam francese. Ha colpi da top ten, un servizio più che solido, una fantasia da numero 1 del mondo. E proprio ad Halle vinse due anni fa il torneo, battendo proprio Sinner ai quarti per ritiro (ma era in vantaggio 7-5, 2-0) in quella che passerà alla storia per essere la sua prima sconfitta sull’erba contro un giocatore non-top 20. Ha firmato anche la seconda: c’è un pattern.

L’allarme Sinner, per ora, è mediatico. E deriva dall’assuefazione a considerarlo un robot quasi infallibile. La smentita vivente dell’equilibrio igienico tra successi e fallimenti che governa lo sport. L’ansia di “scoprire” che Sinner è umano sta trasformando una partita (contro un rivale fortissimo) in un fenomeno isterico. E’ una lettura tossica.

Sinner ha perso (suona male, eh?) solo 450 punti nel ranking, perché non ha difeso il titolo in Germania. Ma Alcaraz dovrà fare la stessa cosa a Wimbledon, dove si gioca – e non è un’inezia: è proprio un altro sport – tre set su cinque. Oggi c’è qualche giornale che ha buttato i calcoli oltre l’ostacolo: “Rischia il trono”. Anche solo il rischio è considerato anormale. E no, non lo è. Si chiama sport.
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