ROMA – Sei crateri, in corrispondenza dei punti di impatto delle bombe americane: sono visibili nelle fotografie satellitari scattate dalla società statunitense Maxar Technologies presso il sito nucleare di Fordow, in Iran. Nelle immagini, ad alta risoluzione, si vedono anche polvere grigia e detriti sparsi lungo il fianco di una montagna. Stando a informazioni confermate dal segretario americano alla Difesa Pete Hegseth, nei raid di questa notte gli Stati Uniti hanno impiegato munizioni “spaccabunker” necessarie per colpire un impianto sotterraneo in profondità.
In una conferenza stampa al Pentagono, le bombe utilizzate sono state chiamate “Massive Ordnance Penetrator” (Mop). Secondo esperti citati da media internazionali, nei punti di ingresso a Fordow non ci sono segni di devastazione particolarmente estesa. Le bombe sarebbero infatti state progettate per detonare solo in profondità, dopo la penetrazione. Secondo fonti rilanciate da Bbc e da altre emittenti internazionali, nei giorni precedenti ai raid americani l’Iran potrebbe aver adottato misure a tutela della proprie strutture e del proprio programma nucleare, anche operando alcuni trasferimenti. L’entità della distruzione e dei danni arrecati, sia a Fordow che nei siti di Natanz e Isfahan, pure nel mirino degli americani, resta comunque da capire. Al momento non ci sono infatti prove decisive e indipendenti circa l’esito dei bombardamenti.
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