ROMA – Dopo il Mali, anche il Niger decide di nazionalizzare una delle principali miniere del Paese, quella di uranio di Somair, finora gestita al 90% dal colosso francese Orano. Il braccio di ferro tra il governo dei militari e l’azienda francese è durato mesi e per sua stessa comunicazione già da diverso tempo Orano aveva perso il controllo operativo del sito. Il Niger produce quasi il 5% dell’uranio mondiale e costituisce una risorsa chiave per l’industria energetica francese, che dal 2022 punta a rafforzare la produzione attraverso le sue centrali nucleari, sia prolungando la durata dell’operatività dei reattori già esistenti, sia costruendone altri otto di nuova generazione a partire dal 2027 – i cosiddetti Epr2 – con l’obiettivo di modernizzare il parco nucleare nazionale. Un accordo strategico tra i leader dell’industria nucleare, tra cui Orano, con i ministeri francesi dell’Economia e dell’Energia è stato siglato lo scorso 10 giugno. Secondo i media internazionali, la mossa della giunta del Niger rientra in una più ampia politica di questo Paese insieme a Mali e Burkina Faso per centralizzare lo sfruttamento delle risorse nazionali, che finora sono state saldamente in mano alle aziende occidentali, a partire da quelle francesi. Nei loro discorsi pubblici, i leader hanno più volte assicurato che seguirà anche una migliore suddivisione dei proventi alla popolazione e per i servizi. Questo accade mentre si rafforzano i legami con entità statali e private russe. E’ di questi giorni, ad esempio, la visita a Mosca del generale e presidente de facto del Mali Assimi Goita, per rilanciare una serie di accordi di cooperazione economica, militare e culturale.
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Une Nouvelle Ère de Coopération S'Ouvre au Kremlin !Le Président de la Transition malienne, le Général d'Armée Assimi GOÏTA, a été reçu ce lundi au Kremlin par le Président russe, Vladimir POUTINE. Cette rencontre, qui marque une étape clé dans… pic.twitter.com/kZeRDmxicM
— AES INFO (@AESinfos) June 23, 2025
Prima del Niger, nei giorni scorsi le autorità del Mali hanno sospeso per sei mesi la gestione della miniera d’oro di Loulo-Gounkoto – la più grande del Paese e tra le prime dell’Africa – al colosso canadese Barrick Mining. Ancor prima, nel 2023, le autorità del Burkina Faso hanno sequestrato 2 quintali d’oro alla canadese Endeavour Mining per motivi di “urgenza pubblica”. I tre Paesi, interessati dal 2020 da colpi di Stato militari con cui i governi eletti sono stati destituiti, si sono associati nell’Alleanza del Sahel (Aes), uscendo a gennaio dalla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas/Cedeao). Questo organismo regionale ha invitato i tre Paesi al vertice annuale che si tiene in questi giorni ad Abuja, ma senza successo. A maggio, tuttavia, si è tenuto il primo incontro coi delegati dell’Aes e dell’Ecowas da quanto i Paesi hanno formalizzato l’uscita dall’organizzazione, un meeting che è stato definito “un passo positivo” per la riapertura del dialogo.
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