(Adnkronos) – “L’emicrania si può prevenire, ma richiede un cambio di mentalità: tutti pensiamo di prendere i farmaci quando abbiamo il sintomo, il dolore, ma per l’emicrania ci vuole un altro approccio, anche perché l’assunzione eccessiva di analgesici peggiora il quadro clinico”. Così Patricia Pozo-Rosich, Head of Section of the Neurology Department, Director of Headache and Craniofacial Pain Clinical Unit and the Migraine Adaptive Brain Center at the Vall d’Hebron University Hospital, Barcelona, commenta all’Adnkronos Salute i risultati dello studio Resolution, presentati oggi a Helsinki all’11esimo Congresso dell’European Academy of Neurology (Ean), che evidenziano l’efficacia di un intervento educativo e dell’impiego di eptinezumab in pazienti con emicrania cronica e cefalea da uso eccessivo di farmaci (Medication-overuse headache, Moh).
“L’emicrania, a differenza del diabete o dell’ipertensione – osserva Pozo-Rosich – non è conosciuta e considerata nella sua complessità, eppure è una malattia che impatta fortemente sulla salute pubblica. Per questo l’educazione alla salute del cervello dovrebbe cominciare alle scuole medie. Dobbiamo lavorare sulla prevenzione perché con 3 giorni di emicrania al mese aumenta l’ansia che si possa ripresentare, e con 15 giorni di emicrania al mese c’è depressione – rimarca – L’emicrania interessa più di 1 miliardo di persone al mondo e inizia a manifestarsi nell’adolescenza, anche nei bambini. C’è una componente ormonale, ma la questione importante è che se l’attacco acuto non viene trattato adeguatamente un po’ alla volta la patologia peggiora, e da 3-4 giorni di sintomi si passa a 15 o più giorni al mese, innescando una serie di altri disturbi come depressione, ansia, obesità, disturbi del sonno, oltre ad aumentare il rischio cardiovascolare, dolore cronico e disordini respiratori come l’asma. Il tutto senza considerare l’impatto sulla qualità di vita e sui progetti lavorativi o familiari”.
In Spagna “stiamo cercando di avviare programmi nelle scuole – spiega l’esperta – Si parla molto di educazione affettiva, ma dovremmo davvero rafforzare l’educazione alla salute e, in particolare, quella sul cervello, perché il cervello è chi sei tu. Il rischio di soffrire di questa malattia non è basso: 1 donna su 5 e 1 uomo su 10, praticamente in ogni classe delle scuole medie ci sono 4-5 ragazze e 2-3 ragazzi che svilupperanno l’emicrania. Per questo – rimarca – bisogna educare i ragazzi alla salute del cervello e un po’ alla gestione del dolore, che significa prendersi cura di sé e capire che sapersi gestire oggi permette di essere liberi domani”.
“Quando poi si hanno 20 o 30 anni – continua Pozo-Rosich – l’emicrania può davvero manifestarsi in modo importante. Allora serve un’educazione specifica su come affrontarla, perché non è intuitivo. Non è naturale. E quando si hanno 40 anni, l’emicrania è al suo picco di disabilità e colpisce molto più le donne. A quel punto, oltre all’educazione, si possono aggiungere interventi come la psicoterapia. Perché è difficile accettare di avere una malattia cronica. Non lo vuoi. Sembra sempre che potrai gestirla da solo, ma non è così. E accettarlo richiede supporto professionale, anche psicologico. Infine, serve anche awareness, cioè educazione della popolazione. Sogno il giorno in cui non dovrò più spiegare cos’è l’emicrania. Nessuno – evidenzia l’esperta – spiega cos’è il diabete: tutti sanno che c’entra la glicemia, l’insulina, l’alimentazione, l’esercizio. Anche per l’ipertensione. Ma con l’emicrania ogni volta bisogna spiegare tutto, perché è complessa, ma anche perché non c’è abbastanza informazione pubblica”.
Sui campanelli d’allarme da considerare, Pozo-Rosich non ha dubbi. “I figli vanno ascoltati – raccomanda – Questa è una malattia molto ereditaria. Se tu genitore hai l’emicrania, e tuo figlio lamenta mal di testa, probabilmente non ti sta imitando o prendendo in giro. La mia raccomandazione è di portalo da un buon medico. Ci sono bambini con emicrania già a 2, 4, 6, 7 anni. Ma in generale il grosso aumento di incidenza si verifica tra i 12 e i 14 anni. Sono gli anni in cui il cervello si sviluppa di più: ogni stimolo, positivo o negativo, ha un grande impatto sullo sviluppo cerebrale. Se non mangi, ad esempio, non mielinizzi bene il sistema nervoso. Anche l’emicrania può influenzarne negativamente lo sviluppo, se trascurata. E questo può predisporre a una cronicizzazione”.
Certo servirebbe un maggiore coinvolgimento anche del pediatra e del medico di medicina generale che “sono spesso i primi a dire che ‘non è niente’ – rileva l’esperta – In Spagna stiamo cercando di creare un consensus tra medicina generale e specialisti sul percorso del paziente. La buona notizia è che c’è più consapevolezza rispetto a 25 anni fa. Ma c’è un problema: non esiste un biomarcatore e il sistema non incentiva la diagnosi. In Spagna, ad esempio, i medici di base sono incentivati a misurare il colesterolo e la glicemia, rispettivamente per ipertensione e diabete; per l’emicrania non abbiamo un marcatore da misurare, ma la cefalea vale la metà dei costi di tutte le malattie neurologiche: in Europa è la patologia con l’impatto economico maggiore. Dobbiamo investire in ricerca – conclude – ma anche in formazione dei cittadini, a partire dai più piccoli”.