ROMA – La domanda sorge spontanea: la parola del Presidente Trump vale qualcosa? Visti i fatti, c’è ancora qualcuno che crede a quello che dice e promette?
Non mi soffermo sul direttore embedded di un giornale italiano che nei suoi editoriali, al pari del generale apparso a fianco a Trump pronto ‘a uccidere per lei signore’, sparano parole a mitraglia contro chi non si consegna all’inquilino della Casa Bianca.
Eppure Trump aveva vinto le elezioni promettendo che con lui l’America si sarebbe concentrata sui problemi interni, che avrebbe lasciato stare le guerre altrui, anzi, che con lui al comando sarebbe scoppiata la pace dappertutto entro pochi giorni.
Chiacchiere, come si è visto, come chiacchiere sono le affermazioni di quanti si arrampicano sui vetri cercando di spiegare che dietro le mosse di Trump…c’è grande strategia…Anzi, c’è del genio… e via con altre leccate. Concordo con alcuni analisti americani, quando dicono che Trump ha attaccato l’Iran per il suo ego, perché non poteva lasciare la scena del possibile vincitore a Netanyahu.
La personalità narcisistica di Trump rientra in pieno nei casi trattati a suo tempo da Freud, che per simili personaggi, rifacendosi al Riccardo III di Shakespeare, diede il nome di ‘eccezioni’. Che significa questo: Ho diritto di essere un’eccezione e di ignorare gli scrupoli di cui altri individui si lasciano ostacolare. In pratica, queste ‘eccezioni’, possono anche arrecare torti e ingiustizie, si sentono autorizzati a trasgredire qualsiasi regola o norma. Perché, come ha detto platealmente lo stesso Trump, sono degli ‘eletti, scelti da Dio’, quindi con diritto a particolari privilegi.
E sono onnipotenti, perché il destino, il fato, gli ha affidato una missione. Nel passato abbiamo visto simili personaggi che cosa hanno portato. Altro che pace, guerre mondiali e atrocità. In Trump, nelle sue azioni, sembrano mancare senso di responsabilità e freni inibitori. Per lui conta solo lo spettacolo, la potenza delle bombe e dell’esercito americano da mostrare sulle tv di tutto il mondo. Poco importa il risultato, basta che lui sia in primo piano con il cappellino d’ordinanza e lo slogan del momento.
E mentre spiegava il successo delle sue super bombe, dietro di lui c’era il vicepresidente Vance con una faccia che non sembrava in tono con la gloria conquistata dal suo presidente. Infatti proprio Vance, a suo tempo militare nella guerra in Iraq, usato e abbandonato, in tutta la campagna elettorale aveva convinto, giurando su tutte le Bibbie delle varie confraternite religiose, che con Trump non ci sarebbero più state guerre, che ognuno avrebbe pensato a risolvere da soli i loro problemi senza più scaricarli sul groppone americano.
Ora sono tutti lì a dire che dopo le super bombe sganciate la partita è già chiusa. Ma chi ci crede? L’America è scesa in guerra a fianco di Israele e non sarà facile adesso dire sono affari vostri. Anche perché l’Iran comunque conta 90 milioni di abitanti, e se pure la stragrande maggioranza non approva il regime degli ayatollah basta anche una novantesima parte di invasati per una catastrofe. Aggiungete che già si comincia a parlare di cambio di regime in Iran.
Togliere i fanatici ayatollah per metterci chi? Non si sa. Tutto quello che abbiamo visto in passato è che le guerre che dovevano essere delle semplici passeggiate alla fine non lo sono state, anzi, si sono trasformate in tragedie durate anni e finite pure male per chi le aveva cominciate. Ciliegina sul fungo (nucleare), la chiacchiera messa in giro dai seguaci di Trump per assegnargli il prossimo premio Nobel per la pace. Si spera sia solo una battuta di qualche zelante burlone, perché con Trump l’unica pace che si ottiene è quella eterna.
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