ROMA – E alla fine l’ha sganciata.
“L’uomo più potente al mondo” poteva mai tenere l’arma più potente del mondo rinchiusa nei libri di storia? Giammai, inconcepibile.
“I raid su Fordow come Hiroshima e Nagasaki”. Ossia Donald Trump come Harry S. Truman, il presidente che ad agosto 1945 autorizzò il lancio della bomba atomica sulle due città del Giappone. Un raid che pose sì fine alla Seconda Guerra Mondiale, ma provocò anche 200.000 vittime, considerando leucemie, tumori e altre malattie da radiazione.
Dramma umanitario? Fa nulla. Trump brandisce l’orrore come un vessillo, pronto a rivendicare il primato della forza – la sua – sul mondo. Avvisati amici e nemici, tutti in fila. Il paragone tra il raid americano alla base nucleare iraniana di Fordow e uno spartiacque della storia moderna è quantomeno forzato, ma non è certamente l’unica iperbole in cui si è cimentata il capo di Stato americano negli ultimi 12 giorni.
Dal 13 giugno, data del primo attacco israeliano su territorio iraniano, Trump ha dato il meglio di sé. Mettiamo in fila qualche dichiarazione, partendo forse da quella più clamorosa: smentire il casus belli, il motivo dell’attacco di Tel Aviv.
DONALD TRUMP PRESIDENTE USA
“NON STANNO CERCANDO LA BOMBA”
Trump ha dichiarato che l’Iran non stava cercando un ordigno nucleare e che non aveva “tempo” per completarlo. Di fatto, però, lo stesso presidente aveva dichiarato a più riprese – e allo stesso Congresso americano – che esisteva un “programma attivo di sviluppo”.
“IL CAMBIO DI REGIME”
“Il 22 giugno Trump ha postato su Truth:” “Non è politicamente corretto usare il termine ‘regime change’, ma se l’attuale regime iraniano non riesce a MAKE IRAN GREAT AGAIN, perché non ci sarebbe un regime change?”. Con l’acronimo MIGA ha rilanciato la sostituzione dell’Ayatollah, salvo poi Il 24 giugno, a bordo dell’Air Force One, dire ai cronisti: “Non voglio un regime change… porterebbe solo caos”. Un dietrofront netto e clamoroso in sole 24 ore.
“FORDOW COMPLETAMENTE DISTRUTTA”
Trump ha definito i siti come “obliterati”. Ma secondo la Defense Intelligence Agency (DIA), l’attacco avrebbe solo “ritardato di pochi mesi” il programma nucleare iraniano. Le strutture sotterranee sono rimaste in gran parte intatte.
“30 PIANO SOTTOTERRA”
“Erano 30 piani di profondità…e li abbiamo presi”. Il presidente ha scelto un’immagine forte, ma senza dati tecnici precisi: Fordow si trova a circa 80–90 m di profondità, quindi non propriamente “30 piani”, ma l’intento era rendere l’idea.
“POSSIAMO AVERE UNA RELAZIONE CON L’IRAN, SONO PERSONE INTELLIGENTI”
Prima il regime, Trump ha usato toni concilianti, definendo Teheran “ottimi commercianti”. Nessuna risposta ufficiale da parte iraniana
“LA GOLDEN AGE”
Fino a ora una piccola rassegna di dichiarazioni quantomeno contraddittorie del presidente americano, circoscritte ai soli 12 giorni di conflitto. Difficile metterle in fila andando a ritroso fino al 25 gennaio 2025, data del suo insediamento.
Una certezza però c’è: Trump parla senza timore di essere smentito. Se così non fosse, cadrebbe come un castello di sabbia tutto il suo impero, a partire dalla grande insegna posta sulla cima: lo slogan MAGA – Make America Great Again.
Aveva promesso una nuova Golde Age per l’economia americana, abbandonando l’idea degli Stati Uniti a capo del mondo libero. Doveva concentrarsi su questioni interne. Ma nell’era della post-verità, la coerenza è un optional. Trump non governa solo con la forza o con le leggi: governa con le parole. E ogni parola detta, smentita o reinventata è un mattone in più nell’edificio che più gli sta a cuore: la sua narrazione personale. Alla fine, che abbia o no distrutto Fordow, che l’Iran cerchi o meno la bomba, poco importa: basta che sembri vero. Almeno fino a domani.
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