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FOTO | Un Ponte Per Ustica, al cimitero degli arabi


ROMA – “A Ustica sono sepolti i corpi di centinaia di libici che furono deportati dagli italiani tra il 1911 e il 1934 per essersi semplicemente opposti all’occupazione coloniale da parte dell’Italia. Una storia dimentica, che invece va recuperata”. Con l’agenzia Dire parla Fabio Alberti, fondatore e presidente onorario di Un Ponte Per, organizzazione non governativa con progetti di sviluppo in tanti Paesi del mondo, tra le promotrici di un viaggio della memoria sull’isola siciliana, sede di un luogo simbolo del passato coloniale italiano. Dal 15 al 18 maggio, una trentina di persone hanno partecipato da tutta Italia, alcune a titolo personale, altre in rappresentanza delle associazioni.

UN CAPITOLO BUIO DELLA STORIA DELL’ITALIA

Focus su un capitolo buio della storia del nostro Paese, rimasto oscurato per oltre 50 anni, fino al 1989, quando una delegazione partita dalla Libia si recò in visita al sito, ripristinandolo. Un viaggio che permise “agli usticesi e agli animatori del Centro studi Ustica di riscoprirne la memoria e studiarne la storia affinché potesse essere conosciuta”, continua Alberti. Oggi, proprio la collaborazione tra il Centro studi con realtà del Terzo settore tra cui- oltre a Un Ponte Per – Arci, Anpi, Cgil, la Rete Yekatit 12/19 Febbraio, il Movimento Italiani senza cittadinanza, l’Unione degli Universitari e altre realtà impegnate sul fronte dei diritti e della memoria, ha permesso a una delegazione di decine di individui di scoprire “il cimitero degli arabi”. “Quelle deportazioni di quasi cento anni fa- continua Alberti- riguardarono gli oppositori libici con l’obiettivo di decapitare la società tripolina e prevenire la resistenza all’occupazione. I deportati furono oltre 10mila: molti morirono su questa e altre isole siciliane come le Tremiti, Ponza, Favignana, dove furono rinchiusi fino al 1934”. Il viaggio dal titolo “Tracce coloniali” è stato un’iniziativa della società civile per “raccontare una parte della nostra storia che per molto tempo è stata occultata: è accaduto per la colonizzazione della Libia, ma la situazione non fu diversa nel Corno d’Africa o nei Balcani”.

CONOSCERE LA STORIA PER SAPER ANALIZZARE IL PRESENTE

Conoscere la storia significa dare gli strumenti per analizzare in modo critico il presente. Allora, secondo Alberti, sotto la lente finisce “la percezione dell’Occidente come campione dei diritti umani e della democrazia”, oppure lo stereotipo degli “italiani brava gente”: “Quel mito- continua il dirigente di Un Ponte Per- pretendeva che la nostra colonizzazione fosse diversa e migliore di quella francese, inglese o di altri paesi. Non fu vero, e le tombe dei libici a Ustica lo testimoniano. Il cimitero è stato abbandonato per molti anni, tanto che gli stessi abitanti dell’isola ne ignorarono l’esistenza fino al 1989. Fu una delegazione libica, in quell’anno, a visitarlo e a svolgere lavori minimi di manutenzione”. Oggi resta per lo più in stato di abbandono ma è possibile visitare una mostra che narra la storia delle deportazioni sull’isola.

CRESCENTE ATTENZIONE PER LA QUESTIONE COLONIALE

Ma come mai organizzazioni impegnate nella cooperazione allo sviluppo come Un Ponte Per aderiscono a queste iniziative? Alberti non ha dubbi: “Da quando il movimento statunitense Black Lives Matter ha riproposto la questione coloniale come questione attuale, evidenziando come questo passato influenzi ancora oggi la quotidianità, c’è crescente attenzione, soprattutto tra le giovani generazioni. Non per una inutile autofustigazione – la storia non si può cambiare – ma per meglio capire il presente”. Il viaggio al “Cimitero degli arabi” di Ustica rientra infatti in una serie di attività a cui molte associazioni stanno partecipando per recuperare la memoria del colonialismo italiano. Tra le varie iniziative, Alberti cita “il recupero e la rimessa in circolazione del film ‘Il leone del deserto’, pellicola che narra della resistenza libica contro l’occupazione e la repressione attuata dal regime fascista, culminata con l’impiccagione del leader della resistenza Omar al-Mukhtar”. Per il presidente di Upp, “recuperare la memoria dell’impresa coloniale italiana ci permette anche di fare i conti col fenomeno della povertà in Africa e delle migrazioni, comprendendo che alcune delle tragedie odierne dipendono anche dalle nostre responsabilità”. E nella politica qualcosa già si muove: “circa un anno fa- riferisce il responsabile- alcuni parlamentari di tutti i partiti di oposizione hanno presentato una proposta di legge per istituire la Giornata della memoria delle vittime del colonialismo italiano. Una proposta destinata a decadere con la fine della legislatura, che intendiamo riproporre in autunno con migliaia di firme”.

A SETTEMBRE UNA NOSTRA FOTOGRAFICA A ROMA

Inoltre, “a settembre, a Roma, realizzeremo una mostra fotografica, in collaborazione con il Laboratorio storico-iconografico dell’università Roma Tre, sulla resistenza e la repressione della resistenza libica. La mostra sarà alla Casa della Storia e della Memoria fino a metà novembre e verrà inaugurata in occasione dell’anniversario dell’impiccagione di Omar al-Mukhtar, il 16 settembre. In quella data proietteremo nuovamente ‘Il leone del deserto’. Durante il periodo della mostra ci saranno anche altre iniziative in collaborazione con associazioni impegnate nella lotta anticoloniale. A Ustica torneremo a ottobre con Arci, in occasione del festival Sabir che si terrà a Palermo, e certamente la prossima estate, quando organizzeremo viaggi di istruzione rivolti a classi di scuola superiore. Abbiamo già ricevuto le prime richieste di partecipazione. Sarà un modo per compensare la censura che questa storia subisce nei libri scolastici”, conclude.
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