BOLOGNA – La presa di posizione del governatore Michele de Pascale, che ha annunciato l’interruzione dei rapporti con Israele, non basta al coordinamento Bologna per la Palestina. Che rilancia, chiedendo alla Regione di mettere in pratica quanto affermato a parole. E lo fa elencando in un documento diffuso oggi un corposo numero di aziende che in Emilia-Romagna, in un modo o nell’altro, rientrano nella filiera della fornitura di armamenti a Israele. Ad esempio, sostiene il coordinamento, l’Agenzia per la Mobilità di Modena (Amo) ha un contratto con un’azienda del territorio che avrebbe esperti a Tel Aviv e legami con l’esercito israeliano. “Se vogliamo interrompere i rapporti- mandano a dire pro-Pal- partiamo da Modena. Amo deve troncare i rapporti” con questa azienda. Nel mirino c’è poi il Porto di Ravenna, considerata dal comitato “tappa fissa delle rotte commerciali per l’attività di trasporto armi verso Israele”. Il Porto rientra inoltre in un progetto europeo sulla security marittima, in cui sarebbero coinvolte anche un’azienda militare israeliana, l’Università di Tel Aviv e il ministero della Difesa di Israele. Altro bersaglio del movimento per la Palestina è il consorzio aerospaziale Anser, nel quale il comitato chiede che sia rivisto il ruolo della Regione. Inoltre, viene intimata “l’immediata interruzione di ogni supporto economico e logistico ai processi di riconversione bellica e riarmo”. Il consorzio Anser è stato creato dalla Regione nel 2021 insieme a un gruppo di 16 aziende per competere nel campo dell’aerospazio. Tra le imprese coinvolte, contestano però i pro-Pal, figurerebbero però aziende che operano all’interno della filiera di costruzione e fornitura di armi e tecnologie militari, sia in Israele sia in Usa.
Il coordinamento Bologna per la Palestina chiede un incontro urgente in Regione. “Prendiamo atto della comunicazione che il presidente Michele de Pascale- affermano- chiediamo di implementarla coerentemente e con urgenza”. Interrompere i rapporti col Governo israeliano è “un primo passo necessario e di umanità di fronte al genocidio e alle azioni terroriste dello stato israeliano”. Ma per il coordinamento non basta. Occorre “interrompere concretamente la complicità” con lo Stato di Israele e “rivedere le politiche di riarmo e riconversione dell’industria civile in industria bellica che la Regione negli anni ha avvallato e sviluppato”. L’Emilia-Romagna, sostiene infatti il comitato, “riveste un ruolo strategico nella logistica” e possiede “specificità tecnologiche di rilevanza militare, in particolare nell’ambito dell’aeronautica”. In regione hanno sede infatti “il Comando operazioni aereospaziali, che sarebbe un obiettivo strategico in caso di guerra aperta, e il Northern Italy Pipeline System, cioè l’oleodotto Nato che rifornisce le basi da cui partono gli aerei militari destinati alle zone di guerra”. Il coordinamento chiede quindi alla Regione di interrompere, anche per decreto, “tutti gli accordi pubblici e segreti di cooperazione militare, industriale, culturale, scientifica e accademica stipulati in territorio emiliano nel corso degli anni con aziende, agenzie e istituti dello Stato d’Israele e con enti privati israeliani”. Si chiede inoltre di istituire un “Osservatorio regionale sulla produzione e il transito di armi in Emilia-Romagna, con la presenza di rappresentanti della società civile”. Infine, i pro-Pal ritengono “doveroso che la Regione prenda pubblicamente posizione” a sostegno degli attivisti indagati per aver bloccato i binari a Bologna.
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