“DI PER SE’ UN SUCCESSO”
Il punto di partenza, in un’intervista con l’agenzia Dire, è che l’appuntamento nella città spagnola iniziato lunedì scorso sia di per sé “un successo”. Secondo Gonzalez, “in un mondo polarizzato il multilateralismo dell’Onu è un segno di speranza, a prescindere da tutte le richieste di riforma”. Il ‘Compromiso de Sevilla’ è un compendio di impegni politici che non hanno un carattere giuridicamente vincolante. A condizionare i lavori, con la partecipazione di decine di capi di Stato e di governo, l’assenza degli Stati Uniti: storicamente primi finanziatori degli organismi Onu e dei progetti di aiuto internazionale. Una circostanza, questa, che ha un risvolto duplice: da un lato, il negoziato non ha dovuto tenere conto delle scelte dell’amministrazione di Donald Trump, di matrice nazionalista; dall’altro, gli impegni hanno una portata minore perché non coinvolgono Washington. Gonzalez ricorda che Manos Unidas, ong espressione della Chiesa spagnola, ha partecipato anche a una serie di appuntamenti preparatori in vista della Conferenza. “Come organizzazioni cattoliche”, sottolinea l’attivista, “abbiamo spinto per chiedere che l’anno del giubileo fosse quello della cancellazione del debito dei Paesi più fragili”.
DOPO IL VERTICE DELLA NATO
In questi giorni, a risaltare è poi il contrasto tra l’aumento delle spese militari preannunciato nel corso del vertice della Nato del 24 e 25 giugno e le difficoltà nel reperire fondi indispensabili per l’aiuto allo sviluppo e la lotta alle disuguaglianze globali. Nell’intervista si ricorda l’impegno assunto dai governi in sede Onu già negli anni Settanta del secolo scorso. “Chiediamo che tutti i Paesi arrivino allo 0,7 per cento del Prodotto interno lordo per i loro investimenti nella cooperazione”, l’appello di Gonzalez. “È una vergogna che la Nato abbia chiesto un aumento delle spese fino al 5 per cento del Pil per la guerra mentre nel mondo sono appena quattro i Paesi che rispettano l’impegno dello 0,7 per l’aiuto allo sviluppo”. A Siviglia delegazioni governative, rappresentanti di organismi multilaterali ed esponenti della società civile stanno discutendo di temi differenti e complessi, dalla tassazione al debito, dal commercio alla cooperazione. La prospettiva è il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, parte dell’Agenda 2030 dell’Onu.
COSA C’E’ NEL ‘COMPROMISO DE SEVILLA’
Nel ‘Compromiso de Sevilla’ sono in primo piano lavoro dignitoso, cura e protezione sociale. Menzionato poi l’obiettivo di devolvere 4mila miliardi di dollari all’anno in finanziamenti per il contrasto e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Sempre nella forma di un appello politico, senza vincoli giuridici, il ‘Compromiso’ impegna gli Stati membri dell’Onu a “dare avvio a un processo intergovernativo presso le Nazioni Unite con l’obiettivo di formulare raccomandazioni per colmare le lacune nell’architettura del debito ed esplorare opzioni sostenibili”. A prendere posizione a Siviglia anche le associazioni e le reti aderenti alla Campagna italiana contro la povertà (Gcap Italia). Tra queste figura Focsiv, la Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana. Tra le richieste, si legge in un articolo pubblicato sul suo sito, figura “un’importante riforma del sistema finanziario che oggi continua a intrappolare molti Paesi impoveriti con i loro popoli nel fardello del debito e della dipendenza a causa delle grandi asimmetrie di potere esistenti”. Asimmetrie, denuncia Focsiv, che fanno capo a “enormi fondi privati, agenzie di rating private, governi dei Paesi ricchi vincolati e funzionali agli interessi dell’élite finanziaria che investe nelle grandi multinazionali”.Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it