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Il presidente Trump telefona a tutti, ma scatta sempre la segreteria. Un rimedio contro i fanatici


ROMA – Ormai è chiaro. Quella di Trump che chiama al telefono tutti è una strategia di comunicazione messa in pratica dai suoi ragazzi prezzolati. Che magari saranno anche dei giovani burloni, ma sanno bene quel che fanno. Inondare di chiacchiere il pubblico mondiale, dare la sensazione che il loro comandante in capo sia sempre all’opera per trovare la soluzione, per mettere fine al massacro quotidiano e far finire le guerre in atto.

Poi vabbè, magari dopo due ore dall’annuncio di tregua si mette pure lui a bombardare l’Iran, ma dura poco. Subito rifà pace coi cattivoni delle ultime ore che, dopo le bombe sul cranio, son tornati amici. Il caos informativo, rendere qualsiasi argomento, anche quello più atroce che costa la vita a migliaia di persone, una sorta di ritornello già sentito e risentito. E per questo messo da parte, perché poi io ho le mie esigenze quotidiane, bisogna pagare tasse, bollette e fare la spesa, non si può stare dietro alla contabilità dei morti del giorno, capire chi sono i colpevoli e cosa fare per farli giudicare e mettere in gabbia.

Tutto sembra ormai senza senso, perché i leader del momento, più o meno con caratteristiche autoritarie e para dittatoriali, hanno imposto la ragione della forza: tu quanti missili hai? Io di più, quindi alla fine vinco io, devi sottometterti o morirai. E vien da ridere a leggere i resoconti dei zelanti scribacchini di Trump e company, su quanto il capo sia irritato da questo o quello che non obbedisce o fa lo gnorri. Ancora ieri il ras russo Putin, che in quel momento stava parlando a un convegno, si è alzato e ridendo e ha detto: ‘Scusate, devo andare a parlare al telefono con Trump se no quello poi si offende’. E dopo la telefonata è rimasto tutto come prima. Putin ha ribadito che lui la guerra all’Ucraina la continuerà fino allo sterminio totale di quel popolo che ha osato preferire la libertà alla strada che lui indicava col manganello.

Per non parlare poi dell’altro dittatorello israeliano Netanyahu che, in attesa venga accettata per forza la sua ennesima falsa pace, continua a massacrare civili palestinesi affamati in fila per il cibo. Un agire che sfiora la follia. In un’intervista a La Stampa l’ex premier israeliano Ehud Olmert ha detto che “la guerra, che dopo la strage del 7 ottobre era motivata, non ha più senso.  Non so se ci siano le basi legali per accusare la leadership politica e militare di crimini di guerra o genocidio, ma crimini di guerra vengono commessi: sparare contro donne e uomini palestinesi che aspettano il cibo non è tollerabile, né perdonabile”. Per Olmert esponenti del governo come Itamar Gvir e Bezalel Smotrich sono terroristi… i nostri ayatollah, ispirano i giovani delle colline che ogni giorno, dagli insediamenti illegali in cui vivono, attaccano palestinesi innocenti, bruciano i loro campi, le case’.

A questi personaggi che recitano la parte dei leader che hanno a cuore gli interessi della loro gente non interessa che coi loro modi stiano facendo regredire qualsiasi senso morale a livello tribale, dove conta appunto soltanto la legge del clan. E ti ridono in faccia se osservi che, quando qualcuno odia la metà della popolazione, che non la pensa come loro, alla fine è la prova che loro sanno soltanto odiare e combattere contro qualcuno, non governare tutti per uno scopo alto, condivisibile. Trump, Netanyahu, Putin, Erdogan e altri simili a loro, in crescita in tutto il mondo, appartengono al modello ‘fanatici’.

Ne parlò il grande scrittore israeliano Amos Oz nel suo fondamentale saggio: “Contro il fanatismo”. Cito: “Ritengo che l’essenza del fanatismo stia nel desiderio di costringere gli altri a cambiare. Il fanatico è la creatura più disinteressata che ci sia. Il fanatico è un grande altruista. Il fanatico è più interessato a te che a se stesso, di solito. Vuole salvarti l’anima, vuole redimerti, vuole affrancarti dal peccato, dall’errore, dalla tua fede o dalla tua incredulità, vuole migliorare le tue abitudini alimentari, vuole impedirti di votare nel modo sbagliato”. Ognuno, spero, troverà il suo rimedio per contrastare l’onda del fanatismo. Per quanto mi riguarda tra i miei metodi di fronte a questi ‘lor signori’ c’è quello di coltivare l’umorismo, la capacità di ridere di sé stessi e delle proprie convinzioni. Può essere un potente antidoto al fanatismo, che spesso si alimenta di serietà e rigidità. Saremo costretti a inchinarci al potente che ci sottometterà? In quel caso va applicato il proverbio (vero) dei saggi contadini dell’Etiopia: “Quando sulla strada il contadino incontra il gran signore fa in modo vistoso l’inchino e silenziosamente scoreggia”. Bisogna allenarsi.
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