ROMA – L’avevano minacciato, e l’hanno fatto: Shas e Ebraismo della Torah Unito, due partiti ultraortodossi, ha deciso di sospendere l’appoggio al governo di Netanyahu, che quindi ora è formalmente diventato un esecutivo di minoranza. I due partiti contavano 18 seggi, ora alla Knesset la coalizione resta con soli 50 parlamentari su 120.
La doppia defezione non comporta una caduta immediata del governo. Netanyahu è ancora operativo, almeno fino alla pausa estiva della Knesset prevista per la fine del mese. L’attività parlamentare riprenderà solo in autunno.
Al centro della tempesta, ancora una volta, c’è la spinosa questione dell’esenzione dal servizio militare obbligatorio per gli ultraortodossi, un’anomalia israeliana vecchia decenni, diventata politicamente esplosiva dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre e la guerra a Gaza. Storicamente esclusi dall’obbligo di leva, gli haredim – circa 1,4 milioni di cittadini, – sono sempre più contestati dall’opinione pubblica. Il servizio militare è obbligatorio per quasi tutti i cittadini maggiorenni: tre anni per gli uomini, due per le donne, con successive chiamate periodiche come riservisti. Una sentenza della Corte Suprema, emessa nel giugno 2024, ha imposto la fine delle esenzioni per i maschi ultraortodossi. Ma l’attuazione è stata congelata dal governo per un anno, e ora il tempo è scaduto.
Gli ultraortodossi chiedono una nuova legge che garantisca definitivamente l’esonero per gli studenti delle scuole religiose ebraiche, pur essendo una cosa ormai estremamente impopolare. Netanyahu ha evitato finora di portarla in parlamento, innescando così la rottura con i suoi alleati religiosi. Se Netanyahu non dovesse riuscire a ricomporre per l’autunno si potrebbe andare ad elezioni anticipate.
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