BOLOGNA – “Desidero chiedere perdono ai genitori di Sofia e a tutte le persone che le volevano bene. Fino ad ora non l’ho fatto per non arrecare ulteriore dolore e perché speravo che dalle prime udienze emergesse la natura non intenzionale del mio gesto. Purtroppo così non è stato, perciò chiedo perdono ora, anche se non so immaginare il dolore che ho provocato. Non posso aspettarmi il perdono, ma mi sento di chiederlo adesso”. Comincia con queste parole la testimonianza di Giampiero Gualandi, il 63enne ex comandante della Polizia locale di Anzola dell’Emilia a processo in Corte d’Assise a Bologna per l’omicidio volontario- aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo con la vittima- della ex collega 33enne Sofia Stefani, con cui aveva una relazione extraconiugale.
LA VERSIONE DELL’IMPUTATO E QUELLA DELLA PROCURA
Stefani fu uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo partito dalla pistola di Gualandi, nell’ufficio di quest’ultimo nella sede del Comando della Polizia locale di Anzola. L’imputato ha sempre sostenuto che il colpo partì accidentalmente, mentre per la Procura si tratta, appunto, di omicidio volontario.
IL DOLORE DEI GENITORI DELLA VITTIMA
Le parole di Gualandi arrivano a distanza di due settimane dalle parole accorate dei genitori della vittima, Bruno Stefani e Angela Querzé, che davanti alla Corte d’Assise hanno espresso tutto il loro dolore e il desiderio di ridare dignità alla figlia. “Sofia è stata cancellata dal mondo con un colpo al volto che ha distrutto la sua identità e il nostro futuro- sono state le parole della madre- Di lei in quest’aula si è parlato con modalità lesive della sua dignità, io sono qui per restituirgliela”.
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