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VIDEO | “Garlasco comunque finisca, finirà male”: lo profezia del ministro Nordio sull’indagine bis


ROMA – La riapertura del caso Garlasco “comunque finisca finirà male”. C’è pessimismo, misto a un senso di impotenza, nelle parole del ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervistato a tutto campo al Caffè de La Versiliana a Marina di Pietrasanta, in provincia di Lucca. E mentre parla appunto di giustizia, dei processi etc. apre una parentesi sul caso dei casi, quello che sta calamitando l’attenzione mediatica e pubblica, con la riapertura delle indagini dopo 18 anni e la ricerca di una nuova verità, diversa da quella che ha sentenziato la Cassazione nel 2013 che ha riconosciuto colpevole dell’omicidio di Chiara Poggi- dopo due assoluzioni- Alberto Stasi, l’allora suo fidanzato.

I TRE POSSIBILI FINALI

Secondo Nordio, insomma, non ci sarà un lieto fine in queste indagini bis e il ministro della Giustizia analizza tutti e tre gli scenari possibili. “O è vera l’ipotesi primigenia che quello che si è fatto più di 10 anni di prigione (Ndr: Alberto Stasi) era colpevole e ora ha espiato, e allora- prova a delineare il primo finale possibile- il poveretto sotto indagine (Ndr: Andrea Sempio) sta spendendo un sacco di soldi in consulenti e avvocati e viene sottoposto a indagine senza ragione”. O “è vera la seconda ipotesi- prosegue- e quell’altro si è fatto 10 anni di galera, ora emerge che forse lui non è il colpevole e nessuno gli dice neanche grazie”. Oppure ancora “è vera la terza ipotesi- va avanti- c’è un terzo ignoto, allora abbiamo avuto un errore giudiziario 15 anni fa e ne stiamo facendo uno anche adesso con un’indagine lunga e dolorosa e invece c’è un terzo Dna”.

“DOPO 18 ANNI DURA DIMOSTRARE IL DNA, TROPPI RISCHI DI CONTAMINAZIONE”

Il ministro ripercorre le tappe processuali che hanno portato alla condanna di Stati, due assoluzioni e una condanna in Cassazione: e “già questa è una distonia”, sottolinea. Ma anche riaprire l’indagine oggi è qualcosa che difficilmente può portare alla verità, lascia intendere: “E come fai, dopo 18 anni, a cercare prove, tra cui il dna, che già sono difficili da valutare nel momento in cui compi le indagini, passati 18 anni- si interroga- sai quanti sono i rischi di contaminazione., la vedo dura da dimostrare”.

“A VOLTE MEGLIO ARRENDERSI CHE ROVINARE ALCUNE VITE”

Secondo il ministro, si tratta di “un’indagine lunga, costosissima e dolorosa”. Da qui apre a una riflessione più generale ma di cui il caso Garlasco viene descritto come emblematico: “La lentezza dei processi a volte dipende anche dal fatto che non ci si vuole arrendere all’evidenza. Nel caso di Garlasco è stato assolto in primo e secondo grado e poi condannato”, malgrado il principio del ragionevole dubbio. Al contrario, “bisognerebbe rendersi conto- suggerisce Nordio- che non siamo né dei, né figli di dei e ci sono situazioni che sfuggono al nostro controllo e davanti alle quali dovremmo dire ‘ci arrendiamo’ perché non riusciamo a capirci nulla”. Così alla fine, “invece si insiste nel voler capire qualcosa- conclude con amarezza Nordio- e magari si rovinano alcune vite”.
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