ROMA – Masafer Yatta, Cisgiordania meridionale. Territorio simbolo dell’oppressione subita dalla popolazione palestinese, secondo l’organizzazione Mediterranea Saving Humans, che ha condotto 126 giorni di monitoraggio – sei mesi – dal 23 gennaio al 31 maggio tramite ricercatori e attivisti.
IL REPORT DI MEDITERRANEA: IN 4 MESI 838 VIOLAZIONI IN 27 VILLAGGI PALESTINESI
Tale attività di osservazione ha permesso di documentare 838 violazioni in 27 villaggi palestinesi in poco più di quattro mesi. Corroborato da prove, testimonianze, foto e video raccolti e grazie ai fatti osservati dagli attivisti nonviolenti, lo studio ha documentato in particolare 429 invasioni di proprietà privata palestinese, 80 arresti arbitrari, 30 arresti di attivisti internazionali, 50 demolizioni di proprietà privata,63 intimidazioni verbali o armate, 32 incendi o danneggiamenti di auto o altri beni, 30 incendi o danneggiamenti di coltivazioni o impianti idrici, 11 aggressioni con armi da fuoco, 9 irruzioni immotivate di forze armate nei villaggi, 6 aggressioni violente di attivisti internazionali o israeliani e 4 attacchi o furti di bestiame. Nel 71% dei casi, se chiamati per contrastare la violenza dei coloni, le forze di sicurezza non sarebbero intervenute oppure avrebbero arrestato i residenti palestinesi.
“UNA STRATEGIA DELIBERATA DI PULIZIA ETNICA, CONDOTTA DA COLONI, ESERCITO E POLIZIA ISRAELIANI”
La ricerca evidenzia come ciò che accade nei Territori occupati “sia il frutto di una strategia deliberata e centralizzata di pulizia etnica ai danni della popolazione palestinese residente, che si fonda su un’azione coordinata e complementare tra forze dell’ordine israeliane – esercito e polizia – e coloni. Nulla di ciò che accade è episodico”. Il primo tassello della pulizia etnica – finalizzata al disegno coloniale di appropriazione esclusiva delle terre – va ricercato nell’invasione della proprietà privata. Lo studio mette in luce che 147 dei 409 casi documentati – vale a dire oltre un episodio su tre – l’invasione è stata accompagnata da violazioni di altro tipo come atti di intimidazione verbale o armata da parte delle forze di Occupazione, aggressioni da parte dei coloni, arresti dei palestinesi presenti nella proprietà, incendi o danneggiamenti a terreni, piante, sistemi di irrigazione o di beni di altro tipo.
Ciò che più preoccupa gli autori dello studio, è il fatto che in 136 casi documentati di violenze da parte dei coloni, è stata registrata la presenza sul posto delle forze di polizia israeliane, senza intervenire o sanzionare verbalmente gli illeciti in corso. In altri casi, gli attivisti hanno registrato “atti di violenza coordinata tra forze dell’ordine e coloni”. Eppure esercito e polizia, come ricorda Mediterranea, avrebbero il dovere – in quanto forza occupante – di garantire i diritti della popolazione sottoposta all’Occupazione.
“AVAMPOSTI E BLOCCHI STRADALI PER L’APARTHEID E STADIO FINALE DELL’OCCUPAZIONE”
All’agenzia Dire Laura Marmorale, presidente di Mediterranea, a margine della presentazione dello studio al Senato riferisce: “Abbiamo osservato che molto spesso c’è poca o nessuna soluzione di continuità tra i membri di esercito e abitanti delle colonie, che si sovrappongono drammaticamente, e di conseguenza non agiscono in termini di azioni di polizia e di tutela ma in continuità con le azioni di abusi e soprusi”.Altre violazioni analizzate, che l’organizzazione considera significative, anche se meno frequenti, sono l’imposizione di blocchi stradali e la creazione di nuovi avamposti, che di fatto negano il diritto alla libertà di movimento dei palestinesi e lo stadio finale dell’occupazione di terre palestinesi. Questi due elementi, inoltre, sono indicati come “fondamentali nel modellare il sistema di apartheid nei Territori occupati, volto a continuare l’opera di pulizia etnica ai danni del palestinesi”.
“IN ATTO DEPALESTINIZZAZIONE IN TUTTA LA CISGIORDAIA”
A descrivere il quadro legale del rapporto è Luigi Daniele, giurista e docente dell’Università di Nottingham, che nel corso della conferenza al Senato afferma. “Questo rapporto descrive il quadro di de-palestinizzazione in atto in tutta la Cisgiordania. Quando Mediterranea parla di pulizia etnica- continua l’esperto- non descrive un evento, ma riprende un piano che segue le esplicite dichiarazioni di intenti da parte delle autorità di governo israeliane”. Un disegno di occupazione finalizzato all’annessione che, avverte il docente, “è inammissibile sotto ogni più basilare norma di diritto internazionale”.
“L’OCCUPAZIONE DEI TERRITORI PALESTINESI GRAVE COME QUELLA RUSSA IN UCRAINA, ANZI DI PIÙ”
Daniele ricorda che nel 2024 la Corte internazionale di giustizia (Icj) ha emesso un parere consultivo – con effetti cogenti per gli stati membri dell’Onu – in cui stabilisce che l’occupazione dei Territori palestinesi è illegale e viola la Carta dell’Onu. “Per intenderci- prosegue il giurista- è lo stesso tipo di gravità che imputiamo alle azioni della Federazione russa in Ucraina, con l’aggravante che Israele mira alla totalità del territorio, e non a una sua porzione, e a cui si aggiungono azioni razziste. Potrei elencare per ore la gamma di crimini commessi ma mi limiterò a ricordare che dal 2023, in Cisgiordania oltre mille palestinesi sono morti per le azioni violente di esercito e coloni, tra cui oltre 200 bambini, mentre si è perso il conto delle demolizioni”.
“ERGASTOLO PER BAMBINI PALESTINESI, È DEVIANZA AUTORITARIA”
L’oppressione della popolazione palestinese avviene “anche attraverso “un quadro normativo composto da migliaia di ordini militari dal 1967 ad oggi, in virtù del fatto che nell’esercito israeliano si concentrano il potere legislativo, esecutivo e giudiziario”. A ciò si aggiunge un forte inasprimento delle pene: “Se dieci persone si riuniscono per parlare di temi politici rischiano una condanna fino a 10 anni di reclusione, mentre un recente emendamento ha introdotto l’ergastolo anche per i bambini palestinesi a partire dai 12 anni. Siamo davanti a una devianza autoritaria”.
“VIOLAZIONI DA 20 ANNI MA APPELLI INASCOLTATI, E ORA C’È TRAGEDIA-GAZA”
Il docente dell’Università di Nottingham conclude con un monito: “Da almeno 20 anni organismi locali e internazionali denunciavano in maniera scrupolosa e documentata le violazioni in corso nei Territori occupati, avvertendo che se le istituzioni e i governi europei non fossero intervenuti per porvi fine, sarebbe stata la legge della giungla. La tragedia a cui assistiamo oggi a Gaza purtroppo dimostra le corresponsabilità delle classi dirigenti europee di non aver ascoltato questi appelli per difendere la pace, la legalità e il diritto internazionale”.
IL NODO DEL PARTENARIATO ECONOMICO UE-ISRAELE, I 27 PAESI DIVISI
In settimana, il Consiglio Affari esteri dell’Ue ha respinto la proposta di porre fine al partenariato economico tra Unione europea e Israele, sebbene l’accordo sia stato violato nella parte che impone il rispetto dei diritti umani. La questione tuttavia spacca i 27 Paesi: a fronte di Stati che chiedono di mantenere l’accordo come canale di dialogo aperto con Tel Aviv – tra cui figura l’Italia – altri accusano Israele di genocidio e crimini di guerra e contro l’umanità a Gaza e in Cisgiordania, come Spagna, Irlanda e Slovenia, che quindi chiedono sanzioni contro le autorità di Tel Aviv.
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