ROMA – “Se dovessi morire là, morirei da eroe”, aveva detto prima di partire. Artiom Naliato, 21 anni, era italiano, nato in Ucraina e morto in Ucraina. Adottato da una famiglia italiana e cresciuto a Tribano, nel Padovano, non cercava gloria né medaglie. Era al fronte da volontario, per combattere contro la Russia. Si era arruolato nella Legione internazionale di difesa territoriale, un’unità composta da persone con cittadinanza straniera. E’ stato ucciso da un bombardamento russo su un centro di addestramento vicino a Kiev.
“Non potevamo fermarlo”, racconta al Corriere della Sera Paola Ruffini, che lo ospitava da tre anni: “Ci disse quella frase prima di partire. Non c’era nulla da fare: era determinato, lo sentiva come un dovere”. Era già partito una prima volta, nel maggio 2022, per tre mesi. Una settimana fa aveva terminato l’addestramento. Poi il fronte, poi il silenzio.Il padre adottivo, Graziano Naliato, non riesce ancora a farsene una ragione: “Abbiamo fatto di tutto per fermarlo. Ma era la sua passione. È morto per ciò in cui credeva”.
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