BOLOGNA – Quando muore una leggenda come Ozzy Osbourne, e già il termine leggenda è riduttivo, ci sono talmente tante cose da dire che non si sa bene da dove cominciare. Soprattutto se la sua musica, come quella di tanti altri pionieri del rock e dell’heavy metal, è stata la colonna sonora di una vita. John Michael Osbourne nasce nella Birmingham operaia di fine anni ’40, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Sobborghi ancora provati e feriti dai bombardamenti tedeschi, dove l’unica prospettiva è la vita in fabbrica. Ed è proprio per ribellarsi a questo destino già segnato per tanti che a Birmingham, così come in altre città inglesi, nasce l’istinto di buttarsi anima e cuore sulla musica per costruirsi un cammino diverso.
LA FABBRICA E UN’ADOLESCENZA COMPLICATA
Con un gioco di parole si potrebbe dire che proprio la fabbrica ha forgiato l’heavy metal. Perché quando Tony Iommi, fondatore dei Black Sabbath insieme a Ozzy, Geezer Butler e Bill Ward, si tranciò le prime falangi del medio e dell’anulare in una pressa elettrica, fu costretto a reimparare a suonare la chitarra da capo e a cambiare il suo stile, dando così i natali a quei riff e quel suono così caratteristico che ha fatto del quartetto di Birmingham i godfathers dell’heavy metal. E che ha stravolto per sempre i canoni della musica rock, influenzando pesantemente migliaia di artisti nei decenni successivi, e ancora oggi. Insomma, se è vero che la classe operaia va in paradiso, parafrasando il celebre film di Petri degli anni ’70, questo vale certamente di più per quei musicisti partiti dai sobborghi industriali dell’Inghilterra post-bellica e diventati rockstar mondiali. Gente che è entrata di diritto nell’olimpo della musica, come appunto Ozzy. E dire che fin da ragazzino Osbourne non ha avuto una vita facile. Famiglia povera, operaia appunto (il padre morirà per l’esposizione all’asbesto), Ozzy somma anche problemi come deficit di attenzione, dislessia e balbuzie che saranno ostacoli insormontabili a scuola. Tanto che lascerà le aule (odiandole, insieme ai professori) a 15 anni, iniziando a fare piccoli furti e lavori di ogni tipo (finirà anche in prigione per qualche mese). Furono i Beatles, un bel giorno, a folgorarlo.
‘SHE LOVES YOU’ DEI BEATLES
Mentre camminava per strada, Ozzy sentì alla radio “She Loves You”. E decise che avrebbe inseguito quel sogno ad ogni costo. Il resto è storia. Insieme a Iommi, Butler e Ward ha fonda i Black Sabbath e nel 1970 col primo album sovvertirà le regole del gioco del rock. Ma la figura di Ozzy, come sappiamo, va ben oltre la musica: abuso di alcol e droghe costelleranno sempre la sua carriera e la sua vita privata. La sua stessa avventura solista inizia perché cacciato dai Black Sabbath a causa dei suoi eccessi alla fine degli anni ’70 (non che gli altri tre fossero l’emblema della sobrietà, eh, e questo è tutto dire). Persino prima di dare avvio al suo percorso artistico in solitaria, Ozzy si chiuse per quasi un anno in hotel con l’unica compagnia delle sue sostanze stupefacenti, in preda a una specie di crisi esistenziale per essere stato escluso dalla sua band d’origine.
LA SECONDA MOGLIE SHARON
Fu la sua futura (seconda) moglie Sharon a tirarlo fuori, dargli una ripulita e spingerlo verso la sua seconda vita musicale di grande successo. Sharon che è stata fondamentale per Ozzy, tanto nella vita privata quanto nella carriera: onnipresente, anche negli eccessi e nella malattia del marito; a tratti onnipotente nel gestire l’Ozzy artista. Una figura chiave tanto quanto (e forse anche di più) i grandi musicisti con cui il cantante ha collaborato negli anni: dai compagni nei Black Sabbath al compianto virtuoso chitarrista Randy Rhoads, fino a guitar hero del calibro di Jake E. Lee e Zakk Wylde. Quei riff di chitarra, del resto, così come la voce a tratti stridula e sicuramente inconfondibile di Ozzy, sono un vero marchio di fabbrica, facendo scuola per generazioni di rockettari e metallari.
IL PIPISTRELLO E GLI ALTRI ANEDDOTI
L’aneddotica su Ozzy si spreca, storie che hanno consolidato la sua fama di Prince of Darkness. La più famosa è naturalmente quella del pipistrello a cui staccò la testa con un morso, durante un concerto. Più volte lo stesso Ozzy ha raccontato di non essersi reso conto della cosa, sul momento, pensando che gli avessero lanciato sul palco un pupazzo e non un animale vero. Ma ce ne sono mille altri degni nota, che Ozzy stesso racconta nella sua biografia (lettura consigliata): come essere stato arrestato in una cittadina americana per aver urinato di notte su un monumento senza rendersene conto; o come aver sniffato in un colpo solo per paura della polizia la “riserva” di cocaina che i Sabbath si erano portati in studio per i mesi di registrazione. Una vita da vera rockstar, insomma, con tutti i crismi e gli stereotipi del caso, che è stata una volta di più resa immortale dal reality The Osbournes andato in onda su Mtv nei primi anni 2000.
IL FUNERALE DA VIVO
L’ennesima prova di essere avanti sui tempi, come le canzoni che Ozzy ha contribuito a scrivere dagli anni ’70 in poi. Il Principe delle Tenebre è stato anche l’unico artista finora a, di fatto, celebrare la festa per il suo funerale da vivo. Sì perché il concerto d’addio, e vista la sua morte un paio di settimane dopo si può considerare davvero perfetto, alla fin fine è stato proprio questo. “Back to the Beginning”, celebrato a Birmingham il 5 luglio scorso nello stadio dell’Aston Villa (sua squadra del cuore) è stato il canto del cigno di Ozzy. E che canto. Un’intera giornata di celebrazione della sua carriera e dei Black Sabbath, con alcuni dei più grandi artisti rock e metal in circolazione: Metallica, Guns’n’Roses, Slayer, Tool, Tom Morello e Steven Tyler, solo per citarne alcuni.
“NON POSSO ANDARMENE PRIMA DI AVER SALUTATO I MIEI FAN”
“So che sto per morire, non serve che me lo dicano i dottori- aveva dichiarato lo stesso Ozzy in una recente intervista- ho insistito con Sharon perché organizzasse questa cosa. Non possono andarmene senza aver prima salutato i miei fan”. E così è stato. Un evento memorabile, profondamente emozionale, che diventerà un film nel 2026. Ozzy ha cantato le sue canzoni e quelle sui Black Sabbath seduto su un trono di pelle nera, davanti a circa 45.000 spettatori, non potendo più esibirsi in piedi ma dimostrandosi più forte ancora una volta dei suoi eccessi, dei suoi problemi fisici (si è rotto alcune vertebre della schiena in un incidente alcuni anni fa e l’intervento chirurgico che ha subito ha in sostanza peggiorato le cose) e del morbo di Parkinson che lo attanagliava da anni. E così se n’è andato, da vera leggenda. Con lui si chiude a tutti gli effetti un’era della musica, non solo rock. Un’epoca irripetibile, per la caratura degli artisti che ne sono stati protagonisti e anche per le condizioni sociali e culturali che ne hanno permesso la nascita e lo sviluppo.
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