ROMA – La Thailandia ha evacuato oltre 130.000 persone dalle province di confine con la Cambogia, a seguito dell’intensificarsi degli scontri armati tra i due Paesi. Il primo ministro ad interim Phumtham Wechayachai ha avvertito che la crisi potrebbe degenerare in un conflitto aperto, pur precisando che al momento si tratta ancora di combattimenti localizzati, seppur con l’impiego di armamenti pesanti.
Secondo le autorità thailandesi, i combattimenti, scoppiati giovedì, sono proseguiti nella notte e venerdì mattina in almeno 12 località lungo il confine conteso. Il bilancio ufficiale in Thailandia è di 15 morti – tra cui 14 civili e un bambino di otto anni – e decine di feriti. Da parte cambogiana, fonti locali riferiscono di un civile ucciso e cinque feriti, con circa 1.500 famiglie evacuate nella provincia di Oddar Meanchey.
L’esercito thailandese ha accusato le forze cambogiane di aver lanciato un bombardamento prolungato con artiglieria pesante e razzi BM-21, a cui è seguita una risposta “proporzionata” da parte dell’esercito thailandese. I due Paesi si accusano reciprocamente di aver dato il via agli scontri, che affondano le radici in una storica disputa di confine lunga 817 chilometri, aggravata da interpretazioni discordanti di vecchie mappe coloniali.
🇰🇭🇹🇭 Camboya dispara cohetes RM-70 contra Tailandia. pic.twitter.com/omcJpnSrIk
— 𝙋𝙤𝙡𝙞𝙖𝙣𝙖𝙡𝙞𝙩𝙞𝙘𝙖 (@polianalitica) July 24, 2025
Le tensioni si sono acuite a maggio, con un primo scontro a fuoco in cui perse la vita un soldato cambogiano, e si sono ulteriormente intensificate questa settimana dopo l’esplosione di una mina antiuomo che ha ferito cinque militari thailandesi. La Thailandia accusa Phnom Penh di aver piazzato nuove mine nella zona, accusa che la Cambogia respinge. In risposta, Bangkok ha richiamato il proprio ambasciatore e ha ordinato l’espulsione dell’inviato cambogiano.
Sul piano politico, la crisi è complicata dalla rivalità tra due figure centrali nella regione: Hun Sen, ex premier cambogiano e oggi influente consigliere del figlio Hun Manet, e l’ex leader thailandese Thaksin Shinawatra, padre dell’attuale premier Paetongtarn Shinawatra. I toni si sono inaspriti con dichiarazioni pubbliche: Thaksin ha lasciato intendere che l’esercito thailandese debba “dare una lezione” a Hun Sen; quest’ultimo ha replicato parlando di “aggressione militare” e “tradimento”.
La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha convocato una riunione d’emergenza, mentre gli Stati Uniti hanno chiesto “l’immediata cessazione delle ostilità e la protezione dei civili”. La Cina ha espresso analoga preoccupazione, invitando al dialogo.
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