ROMA – È morto l’86enne di Latina ricoverato all’ospedale Goretti della città pontina per il virus West Nile. L’anziano era stato tra i primi a contrarlo ed era ricoverato in terapia intensiva con diverse patologie. Salgono così a tre le vittime nel Lazio a cui si aggiungono anche le due della Campania.
DI COSA SI TRATTA
Il West Nile virus, o Febbre del Nilo occidentale, è un virus trasmesso da zanzare del genere Culex (zanzara comune) a diverse specie di uccelli, che occasionalmente può essere trasmesso all’uomo. Il virus è endemico in molti Paesi europei e del bacino mediterraneo. La maggior parte (80%) delle persone infettate dal virus non sviluppa alcun sintomo. Circa una persona su cinque sviluppa febbre con sintomi come mal di testa, eruzione cutanea, dolori articolari e muscolari, mentre solo una persona su 150 (0,7%) può sviluppare una malattia grave che colpisce il sistema nervoso centrale, come l’encefalite o la meningite, i cui sintomi più frequenti sono rigidità del collo, stato stuporoso, disorientamento. Le persone più a rischio sono gli anziani, i soggetti immunodepressi o con altre patologie, come tumori, diabete, ipertensione, malattie renali.
I SINTOMI E L’INCUBAZIONE
Gli esperti hanno illustrato lo scenario epidemiologico, la patogenesi del virus e la gestione clinico-terapeutica dell’infezione da West Nile Virus. Solitamente asintomatica o poco sintomatica, quando dà manifestazioni neurologiche presenta un andamento bifasico. Il periodo di incubazione varia da 2 e 14 giorni ma può arrivare anche a 21 giorni nei soggetti che presentano deficit del sistema immunitario.
La fase iniziale è rappresentata da una sindrome febbrile acuta aspecifica che in una piccola percentuale di casi, pochi giorni dopo, può evolvere verso un’infezione neurologica invasiva in soggetti anziani e/o fragili. Generalmente, le manifestazioni cliniche della fase iniziale includono febbre, cefalea, nausea, vomito, diarrea e rash esantematico.
La forma neurologica invasiva può manifestarsi come meningoencefalite o paralisi flaccida. La letalità, molto bassa nella popolazione generale, può arrivare fino al 10% nei casi gravi. È stata ribadita l’importanza di considerare il West Nile Virus in diagnosi differenziale e di ricorrere all’uso del teleconsulto per i pazienti sospetti.
LA PREVENZIONE
Non essendo ancora disponibile un vaccino, quello che si può fare è prevenire la puntura. A tal proposito occorre adottare misure generiche contro le punture di zanzara: applicare zanzariere in casa, applicare repellenti e possibilmente indossare pantaloni lunghi e maglietta a manica lunga soprattutto all’alba e al tramonto. Evitare inoltre, acqua stagnante soprattutto nei sottovasi e nelle ciotole per gli animali.
DIAGNOSI
La diagnosi viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) effettuati su siero e, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a un anno), pertanto la positività a questi test può indicare anche un’infezione pregressa. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi, pertanto è consigliabile ripetere a distanza di tempo il test di laboratorio prima di escludere la malattia. In alternativa la diagnosi può anche essere effettuata attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale.
TERAPIA E TRATTAMENTO
Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita.
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