ROMA – “Il regime degli ayatollah è sull’orlo del precipizio, e all’aumento del consenso dei giovani verso i Mojahedin del popolo (l’organizzazione dell’Esercito di Liberazione dell’Iran, ndr) reagisce ricorrendo alle esecuzioni con l’accusa di riunioni e complotti contro la sicurezza del regime. Tutti gli iraniani sono pronti a unirsi per destabilizzare la sicurezza del regime e rovesciarlo: se questo è considerato un reato gli iraniani si sentono onorati di commetterlo, e noi con loro”.
Maryam Rajavi, presidente eletta del Cnri, il Consiglio nazionale della Resistenza iraniana, chiama ancora una volta a raccolta il popolo iraniano, e lo fa da un luogo simbolo della democrazia occidentale, il Parlamento italiano. Rajavi, infatti, è tornata di nuovo a Roma dopo la visita del luglio 2023, quando ottenne il sostegno ufficiale delle Camere al suo piano in 10 punti per l’instaurazione di una democrazia moderna e non nucleare in Iran, che riconosca diritti umani a donne e minoranze e garantisca una netta separazione tra Stato e religione.
Un piano in cui favore si sono già espressi negli anni, tra gli altri, i Parlamenti di Francia, Regno Unito e Usa, oltre a 120 ex presidenti e primi ministri nel mondo e 70 premi Nobel. La leader del Cnri ha parlato oggi pomeriggio dal pulpito della Sala della Regina, nel cuore della Camera dei deputati, in occasione del convegno ‘Il futuro dell’Iran tra dialogo e geopolitica’, la soluzione’, organizzato su iniziativa della deputata di Fratelli d’Italia, Naike Gruppioni, vicepresidente della fondazione Italia-Usa. In platea, decine di parlamentari italiani. L’atmosfera dominante in Iran, ha spiegato Rajavi, “è quella della rivolta e della ribellione. Persino le prigioni si sono trasformate in centri di Resistenza.
La risposta del regime per impedire una nuova rivolta è quella di incrementare gli arresti, di esercitare maggiori pressioni nei confronti dei prigionieri politici e di giustiziare i dissidenti, in particolare i Mojahedin del popolo. Il quesito al quale la comunità internazionale dovrebbe rispondere è: dove si vuole collocare nella lotta degli iraniani per la democrazia?
Fu questa Resistenza 23 anni fa, nell’agosto 2002, a divulgare e smascherare per la prima volta i dettagli relativi ai siti nucleari del regime costruiti per fabbricare la bomba atomica; fu questa Resistenza, 43 anni fa, a denunciare per prima, con una vasta documentazione, il piano del regime per l’esportazione del terrore e del fondamentalismo, sotto le mentite spoglie dell’Islam, nell’intera regione”.
La resistenza, ha raccontato la leader dei Mojahedin, “ha continuamente lanciato dei moniti riguardo la conseguenza del silenzio, l’appeasement e l’immobilismo dei Governi che lascia ampio spazio al regime per commettere le tragedie umane. Bisogna agire urgentemente per salvare la vita dei prigionieri politici”.
Secondo Rajavi “l’appeasement con il regime, il silenzio e il mancato riconoscimento della giusta resistenza degli iraniani preparano il terreno alla guerra e crimini del regime tra i Paesi della regione e il terrorismo in tutto il mondo, e ci porteranno a dover pagare un prezzo più pesante nella lotta con il regime. Questo è l’errore commesso negli ultimi 40 anni, che è ancor più grave se consideriamo che la situazione iraniana attualmente è una delle sfide più delicate dell’intera comunità internazionale”. Allo stesso tempo, però, secondo il Consiglio nazionale della resistenza italiana il momento è anche quello propizio per passare all’azione.
“Dal punto di vista storico il regime nella sua totalità è sull’orlo del precipizio, si è presentato un momento decisivo per cambiare l’Iran e la regione. Per questo oggi, dalla dimora della democrazia italiana, vorrei proporre un piano operativo generale”, l’annuncio di Rajavi.
Che ha illustrato “una roadmap basata sulle forze e capacità della società iraniana, in fermento per un grande cambiamento e per atterrare la dittatura religiosa”. E, ancora una volta, ha ribadito che “il raggiungimento di questo obiettivo è possibile attraverso la terza via: né una guerra condotta dall’esterno, né la dittatura religiosa compiaciuta dall’Occidente, bensì il cambiamento per mano degli iraniani e la loro resistenza.
LA TERZA VIA
La terza via è la risposta all’attuale impasse della questione iraniana, perché la compiacenza con il regime o la guerra condotta dall’esterno portano all’esclusione degli iraniani dall’equazione del loro destino, iraniani che, dopo tanto sangue e sofferenza, hanno aperto l’autostrada della vittoria: la terza via”.
Per rovesciare il regime, gli iraniani “non chiedono né sostentamento economico né armi- ha spiegato sempre Rajavi- chiedono soltanto che nessuno sostenga il regime. C’è soltanto un rimedio per togliere le mani del regime dalla bomba atomica e chiudere la porta alla sua politica guerrafondaia, ed è l’atterramento dei mullah per mano della gente e sua resistenza. Qualsiasi altra soluzione imporrà alla comunità internazionale la vergogna e la guerra”.
La terza via, ha sottolineato, “è il sunto del sangue e del sacrificio di lotta dalla rivoluzione costituzionale fino ad ora affrontando le due dittature, monarchica e religiosa, complici sempre insieme dei nefasti piani ai danni degli interessi del popolo. La terza via volta la pagina oscura dello scià e dei mullah dando vita ad una società basata sulla libertà e la democrazia, il compimento della storica lotta degli iraniani per la libertà”.
er Maryam Rajavi “Khamenei, pur di rimandare la sua caduta, è deciso a distruggere il Paese. Se non fosse per l’operato di una resistenza nazionale ed un’alternativa decisa e capace, il regime oggi non si sarebbe trovato vicino alla sua fine”.
E smentendo la “falsa ipotesi del caos post-regime”, la leader del Cnri ha innalzato il Consiglio stesso a “garanzia della democrazia, con il supremo compito del trasferire il potere al popolo sovrano. Il nostro obiettivo non è impadrinirci del potere a tutti i costi, il nostro scopo è garantire la libertà, la democrazia e la libera scelta della gente”.
La conclusione del discorso di Rajavi è un appello all’Italia e ai suoi rappresentanti a mantenere il proprio sostegno alla lotta del popolo iraniano: “La maggioranza delle due Camere della Repubblica d’Italia, assieme ad altri 4.000 rappresentanti sulle due sponde dell’Atlantico, con diverse petizioni hanno sottoscritto favorevolmente il programma delle resistenza iraniana in 10 punti, in segno del loro posizionamento dalla parte giusta della storia. Mi auguro- ha concluso la leader della resistenza iraniana- che il posizionamento dell’Italia al fianco del popolo iraniano e della sua resistenza organizzata, nonché il riconoscimento della lotta degli iraniani volta a rovesciare il regime, sia l’inizio di una nuova era dell’amicizia dei due popoli”.
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it