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No, uno tsunami non è solo un’onda molto grossa


ROMA – Uno tsunami non è “solo” un’onda molto grossa. Funziona in maniera diversa ed è molto più pericoloso e distruttivo. Le onde “normali” sono generate dal vento che agisce sulla superficie dell’oceano. Il loro impatto resta per lo più limitato allo strato più superficiale dell’acqua. Gli tsunami, invece, nascono da uno spostamento improvviso e massiccio della colonna d’acqua, spesso causato da terremoti sottomarini, frane, eruzioni vulcaniche o persino impatti meteorici. A differenza delle onde convenzionali, gli tsunami agiscono su tutto il corpo d’acqua, dalla superficie fino al fondale.

Gli tsunami portano una colossale quantità di energia, che si libera in modo violento in prossimità della costa. Le onde successive all’impatto (anche se inizialmente basse) possono generare inondazioni devastanti e correnti prolungate, cariche di detriti e materiali distruttivi. Nel 2004 nell’Oceano Indiano, il terremoto di magnitudo 9.1 generò onde fino a 25–30 metri, che provocarono tra 230.000 e 280.000 vittime in 14 paesi. In Giappone nel 2011, lo tsunami raggiunse un’altezza massima di 40 metri, inondando circa 500 km quadrati, distruggendo quasi un milione di edifici e causando oltre 18.000 morti, con costi stimati in 220 miliardi di dollari solo in Giappone. Nel 1946 alle Aleutine (Alaska), un evento tsunami provocò un’onda di 42 metri, spazzando via innumerevoli edifici e causando circa 156 vittime a Hilo (Hawaii).

Per capirci: un’onda di appena mezzo metro può trascinare una persona per terra, onde da un metro possono aprire porte blindate e distruggere muri. Onde più grandi possono trasportare via automobili, tronchi e barche anche per centinaia di metri nell’entroterra.

Gli tsunami viaggiano a velocità analoghe a quelle di un aereo in crociera e arrivano in pochi minuti nelle aree costiere, spesso prima che si possano attivare avvisi o evacuazioni efficaci. A differenza delle onde normali che si infrangono e ritornano rapidamente, gli tsunami possono invadere aree costiere profondamente, proseguire per chilometri nell’entroterra e ripetersi per ore con più ondate. Provocando anche danni di lungo termine: la deposizione di sale, sabbia, fango e detriti marini sui terreni agricoli può rendere la terra sterile per anni, compromettendo le attività agricole e l’ecosistema locale.
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