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Roma

Una carovana Acli per costruire la pace


ROMA – Una “valanga di pace” attraverserà da settembre a dicembre l’Italia, da nord a sud e per le isole, per promuovere tra i cittadini quella “cultura della pace disarmata e disarmante” che possa rimpiazzare la logica delle guerre e del disarmo. Si tratta dell’iniziativa ‘Peace at work – L’Italia del lavoro costruisce la pace’, lanciata dalle Acli, le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, e che consisterà in una carovana a cui ogni cittadino, ente pubblico o privato e organismo della società civile può aderire. Appuntamento il 2 settembre a Palermo, per risalire poi lo Stivale – passando anche per Cagliari e Sassari – attraverso 57 città, compresa Roma, fino a Milano, il 10 dicembre. Infine, la marcia si concluderà a Strasburgo il 15 dicembre, luogo simbolo delle Istituzioni europee e in concomitanza con la plenaria del Parlamento europeo.

MANFREDONIA: “OGGI NON DOBBIAMO VINCERE LA GUERRA, MA LA PACE”

“Questa carovana è come una valanga, ma una valanga di pace, che sta coinvolgendo sempre di più i nostri territori e non possiamo che contastare un certo fermento” assicura Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli, nel corso della conferenza stampa di presentazione che si è svolta a Roma la scorsa settimana. “Oggi non dobbiamo vincere la guerra, ma la pace” afferma ancora, e poi, rivolgendosi all’Unione europea, pronta a spendere fino a 800 miliardi di euro per armarsi, ricorda: “Nulla è più falso e banale della frase ‘Si vis pace, para bellum’, se vuoi la pace prepara al guerra. Non solo le guerre per esportare la democrazia si sono rivelate fallimentari, ma poi se ci si vuole preparare alla guerra serve la legittimazione popolare, che manca, e un motivo, che non c’è. La politica- evidenzia il presidente delle Associazioni cattoliche- sta solo scegliendo la strada più semplice delle armi piuttosto che la via più complessa della diplomazia”. L’obiettivo: “non saremo spettatori silenti di fronte al genocidio a Gaza o ai droni che uccidono i civili in Ucraina”.

LOTTI: “LA CAROVANA SERVIRÀ ANCHE A DIRE NO ALLA CORSA AL RIARMO”

La carovana ‘Peace at Work’ nasce anche con l’obiettivo di rimettere al centro il valore del lavoro come motore di giustizia sociale e quindi pace. Flavio Lotti, presidente della Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, pone l’accento sul diritto alla pace al lavoro, “diritti essenziali che marciano insieme”, ma che purtroppo sono sempre più minacciati da “disuguaglianze, anche in Italia e Europa”. Allora, se l’obiettivo dei governi diventa la corsa al riarmo, sullo sfondo di guerre e conflitti che si moltiplicano, “la carovana servirà anche a dire no a questa corsa al riarmo: come ricorda anche il Fondo Monetario Internazionale- conclude Lotti- l’aumento della spesa militare comporta il taglio a salute, educazione, progetti per la promozione del futuro dei giovani e tanti altri servizi, aumentando il debito”. Lo stop alla corsa alle armi è al centro del lavoro della Rete italiana pace e disarmo. Il suo coordinatore Sergio Bassoli, ricorda “Noi organismi della società civile siamo in campo da quel 22 febbraio 2022, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ma ora è il momento della politica. Le nostre istituzioni devono fermare quello che succede nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania, in Ucraina, in Sudan. Non si può attendere”. Un impegno che più in generale deve ripensare anche il mondo dell’industria e degli investimenti, a partire dal settore bellico: “non può ricadere sui lavoratori la responsabilità per cui se si interrompe la produzione di armi, l’impresa chiude”. Bassoli conclude assicurando che la Rete farà del suo meglio per rendere le varie tappe della caravona interessanti, “con momenti informativi e di confronto”.

BIGNAMI: “ANCHE LA PACE PUÒ ARRUOLARE PERSONE”

“Dobbiamo recuperare una domanda fondamentale: a chi tocca costruire la pace?” dichiara alla Dire, a margine della conferenza stampa, don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei. “Ci sono delle responsabilità politiche ma anche quelle condivise, di ciascuno. Bene quindi una carovana dal basso, che coinvolga la gente, e che svolga paradossalmente la stessa operazione della guerra, ma in senso positivo: se la guerra arruola persone sui campi di battaglia ma anche in logiche belligeranti, anche la pace può arruolare persone che creino una pace disarmata e disarmante”. C’è poi il nesso tra pace e lavoro, che per don Bignami “è molto più stretto di quanto possiamo pensare. Oggi viviamo una fase di passaggio delicata, dove molte economie in crisi potrebbero lasciarsi coinvolgere da un’economia di guerra, producendo materiale di difesa, e non in ciò che promuove l’umanità. Dobbiamo recuperare anche l’insegnamento della Chiesa che vede nel lavoro un mezzo per edificare un mondo più bello, e non per distruggerlo”.
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